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postdiG.Z. #623/in categoriaStorie/tagcorso incursori, incursori marina
1° Episodio
2° Episodio
3° Episodio
10° Episodio
Costruito alla fine degli anni 40 , il C-119 era un aereo della statunitense Firchild Aircraft realizzato per trasporto di reparti della Marina e Esercito americano. In Italia venne utilizzato sin dal 1953 dalla 46^ Aerobrigata di stanza a Pisa e dal 14° Stormo di Pratica di Mare. Nel 1979, dopo quasi 30 anni di onorato servizio, durante l’ultimo volo con veterani a bordo, il C-119 nome distintivo “lupo 5”, concluse la sua vita operativa con la rottura di un carrello durante la fase di atterraggio.
Firchild Aircraft C-119G dell’Aeronautica Militare
Mario, stai calmo. Vedrai andrà tutto bene. Siamo stati addestrati per questo ed ora tocca a noi dimostrare di “avere le palle”. La gamba destra di Mario tremava vistosamente e toccando la mia contagiava anche me.
Mario purtroppo è un nome di fantasia perché a distanza di tanti anni proprio non ricordo come si chiamava l’Alpino seduto vicino a me a bordo di un C-119, della 46° Aerobrigata di Pisa, per il primo lancio con paracadute; per me, ironia della sorte, era anche la prima volta che prendevo un aereo e che aereo!!.
Siamo in 28 seduti con cinture allacciate, su due file speculari di sedili fatti di tela con struttura portante in alluminio; noi allievi della Scuola Incursori siamo 9.
A bordo, nonostante il ronzio dei motori e gli scossoni del vecchio bimotore ad elica il silenzio era assordante e gli sguardi, sotto gli elmetti ben calzati, tutti di ghiaccio.
Era l’estate del 1977 ed insieme al nostro Capo Inquadratore, “Papà”, ci eravamo trasferiti a Pisa presso la Scuola Paracadutisti dell’Esercito Italiano, la S.MI.PAR. oggi C.A.P.A.R.
Il corso della durata di circa un mese fu per noi un momento di relax. Abituati a sveglia alle 5:30, ginnastica, zavorrate, attività subacquea, roccia, notturne e quant’altro il periodo a Pisa fu una vera pacchia fatta eccezione per l’adrenalina prodotta a secchi in occasione del 1° lancio e le zanzare che di notte ci massacravano; in realtà massacravano particolarmente Giovanni nonostante zampironi, spray ed erbe aromatiche posizionate intorno alla sua branda modello camera mortuaria.
Il corso svolto quasi esclusivamente in una grande palestra ha lo scopo di insegnarci le procedure di lancio, la tecnica di fuoriuscita dal velivolo, di atterraggio, di intervento in caso di malfunzionamento e le conoscenze sugli equipaggiamenti. Il paracadute è il modello CMP 55. Giornalmente facciamo anche l’attività fisica pomeridiana gestita da un Caporale Istruttore che, ahimè, fatica tanto a starci dietro.
Con l’ausilio di una torre in cemento alta 16 metri e imbragati a una carrucola abbiamo perfezionato la tecnica di fuoriuscita dal velivolo e quella di atterraggio.
20’ al lanciooooooo! Arriva come una frustata la voce del primo DL seduto, insieme al suo secondo, in coda all’aereo in corrispondenza delle due porte. Sulla loro divisa gli aquilotti sono bordati di rosso a significare la qualifica di Direttore di Lancio.
Mi sveglio come da uno stato di torpore e il cuore comincia a martellare all’impazzata.
Poco dopo: 10’ al lancio – sganciareeeee!
Tuona sempre il DL procedendo subito dopo all’apertura delle porte e un flusso d’aria ci investe rumorosamente. Sganciamo la cintura di sicurezza.
Sempre aiutato da una gestualità standardizzata urla di nuovo:
6’ in piedi – agganciareeee!
Mi alzo e aggancio ad un cavo d’acciaio, che corre per tutta la lunghezza della carlinga, la mia fune di vincolo inserendo anche lo spinotto di sicurezza. I minuti scorrono veloci e il cuore batte sempre più forte.
Controllare l’equipaggiamentooooo!
Con gli occhi e le mani controllo che tutto sia a posto, aiutato da Mario dietro di me, verifico anche il paracadute principale sulle spalle.
1’ serrareeeeee! È sempre la voce del D.L.
A piccoli passi mi avvicino alla porta seguito dagli altri, io sono il primo di questo primo passaggio di 5 paracadutisti per lato.
Con la mano destra mi attacco allo stipite della porta con gli occhi incrocio lo sguardo del DL che mi guarda sicuro e padrone della situazione. Guardo anche una piccola luce rossa che da li a poco diventerà verde.
5’’ alla portaaaaa!
Con un passo e una rotazione di 90° a destra mi trovo sulla porta.
Il flusso d’aria e forte e mi investe; sotto di me grandi spazi verdi, sono la zona di atterraggio. Il cuore è a mille. Ripasso velocemente la procedura di uscita corretta, tante volte provata a scuola e subito luce verde – un colpo sulla spalla destra e sento il DL che mi urla:
Una frazione di secondo e deciso mi ritrovo fuori spinto dal flusso d’aria come un foglio di carta lanciato dal finestrino di un treno.
Conto 1001 – 1002 – 1003 – 1004 e 1005 e subito lo shock di apertura rallenta la velocità di caduta.
Alzo lo sguardo e la grande vela bianca torreggia sopra di me e un grande silenzio mi sorprende.
E’ bellissimo. Sono sbalordito da tanta bellezza. Guardo in basso. Intorno a me le altre nove vele, tutte perfettamente aperte.
Cerco di evitare con loro una pericolosa collisione . La terra si avvicina velocemente e mi preparo per l’atterraggio.
Lo so fare, l’ho provato e riprovato tante volte in palestra.
Sgancio di lato l’ausiliario e con gambe leggermente flesse, per attutire la caduta, atterro e rotolo lateralmente.
Resto per alcuni secondi sdraiato per terra e guardo in alto le altre vele che, silenziose e leggere, atterrano intorno a me.
Mi alzo, recupero la mia vela e mi avvio felice nell’aria di attesa. Papà è lì con il nostro pulmino che ci aspetta.
In zona c’è anche un ambulante e con un panino e una birretta mi consolo, lo stress del primo lancio mi ha messo appetito.
Nei giorni seguenti gli altri lanci di brevetto, sei in tutto al termine dei quali rientriamo alla Scuola Incursori.
E’ il 26 settembre del 1977, la mia divisa ordinaria è ancora quella da marinaio ma sul petto con orgoglio mostro un bellissimo paio di ali che in futuro diventeranno anch’esse “bordate di rosso” e così la mia avventura alla Scuola Incursori continua e il Basco Verde è sempre più vicino.
….ma questa è un’altra storia.
Inno dei Paracadutisti
Cuori d’acciaio all’erta
Il cielo è una pedana
Tra poco nell’offerta
Noi piomberemo giù
Pugnali e bombe a mano
Viatico di morte
E l’ansia della sorte
Non sentiremo più!
Aggancia la fune di vincolo
Spalanca nel vento la botola
Assumi la forma di un angelo
E via pel tuo nuovo destin!
Come folgore dal cielo!
Canta il motto della gloria
Come nembo di tempesta!
Precediamo la vittoria
Un urlo di sirena: fuori, fuori!
E giù nell’infinito
Sul nemico più agguerrito
Per distruggere o morir
Per distruggere o morir
L’occhio nemico scruta
Son nuvole che vanno
Ma poi che il vento muta
Li vedi già son qui
E gli angeli di guerra
Pugnale in mezzo ai denti
In uno contro venti
Si battono così!
Sganciato ogni corpo dai vincoli
Racchiusi in un quadrato fermissimo
Il piombo nemico si sgretola
Nessuno di noi cederà!
Come folgore dal cielo!
Canta il motto della gloria
Come nembo di tempesta!
Precediamo la vittoria
Un urlo di sirena: fuori, fuori!
E giù nell’infinito
Sul nemico più agguerrito
Per distruggere o morir
Per distruggere o morir
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Ricordo con vero piacere quanto Ben descritto da Gaetano, anche se a distanza di oltre 50 anni.