I Motoscafi Esplosivi della Decima MAS

L’idea dei barchini esplosivi nacque nell’autunno del 1935, nel pieno della crisi etiopica quando, con la dislocazione in Mediterraneo di forti aliquote della Home Fleet, i rapporti italo-britannici sembravano aver ormai raggiunto il punto di rottura.

Essa fu concepita in forma embrionale dal Duca Amedeo d’Aosta, Generale di Squadra Aerea, e da questi espressa al fratello Aimone, ufficiale di Marina, che provvide rapidamente a svilupparla ed a renderla tecnicamente attuabile con l’aiuto di due collaboratori.

Il 27 novembre 1935 l’Ammiraglio di divisione Aimone di Savoia-Aosta duca di Spoleto, sottopose al Ministero della Marina uno studio da lui compilato assieme ai Capitani di Fregata Giorgio Giorgis e Carlo Margottini, relativo alla realizzazione di una serie di piccoli motoscafi veloci monoposto, dotati di una forte carica esplosiva sistemata nella prora, da lanciare contro navi avversarie all’ormeggio e trasportabili nei pressi delle basi nemiche mediante l’impiego di idrovolanti “Savoia Marchetti 55”.

A seguito dei primi risultati ottenuti dagli esperimenti con gli idrovolanti iniziati nel marzo 1936 nell’idroscalo di Orbetello, la Regia Marina il 15 giugno 1936 commissionò ai Cantieri BAGLIETTO di Varazze la costruzione di due prototipi, le cui parti meccaniche sarebbero state curate dalla C.A.B.I. CATTANEO.

Il 23 novembre 1936, a Varazze, il primo esemplare ottenne la velocità massima di 32,4 nodi.

Varazze 23 novembre 1936: prove di collaudo del MAT (Motoscafo Avio Trasportato)

Varazze 23 novembre 1936: prove di collaudo del MAT

Ad allestimento ultimato le caratteristiche principali dei due prototipi di motoscafo d’assalto risultarono essere le seguenti:

SCAFO

in legno, con carena a spigolo a basso “V” e due scalini in corrispondenza delle ordinate 6 e 7, suddiviso internamente da due paratie trasversali non stagne delimitanti l’alloggiamento dell’apparato motore dal compartimento della carica esplosiva, a pro a, e dal posto di pilotaggio, all’estrema poppa. La coperta era realizzata in tela impermeabile nella zona prodiera ed in alluminio in corrispondenza del motore.

  • Lunghezza dello scafo……………mt 4,70
  • Fuori tutto……………………………..mt 5,25
  • Larghezza al baglio maestro……mt 1,460
  • Altezza di costruzione…………….mt 0,65

APPARATO MOTORE

un motore a scoppio Alfa Romeo 2300/l a 6 cilindri da circa 75 HP di potenza a 4.400 giri/min, privo di invertitore di marcia e coricato sul lato sinistro con una inclinazione di circa +10° rispetto al piano orizzontale. Lo scarico dei gas avveniva all’atmosfera attraverso una marmitta-silenziatore. I carburatori si trovavano sul alto posto in altro mentre su quello in basso erano sistemati il motorino di avviamento e la dinamo.

La trasmissione del moto, solo a marcia avanti, avveniva attraverso un semiasse che collegava il motore al blocco eliche- timone (detto anche piede poppiero o stivale) progettato della C.A.B.I.. Detto blocco comprendeva due eliche controrotanti (quella prodiera, bipala, era sinistrorsa, quella poppiera, tripala, era destrosa) e una piccola pinna; poteva essere angolato di 18° sui due lati per la manovra del mezzo e ruotato verso l’alto, in posizione di sgombro, di circa 98° sulla destra. I serbatoi di carburante erano sistemati nello stesso compartimento del motore e consentivano una autonomia di circa 80 miglia alla velocità massima di 32 nodi.

Due idrovolanti SAVOIA-MARCHETTI S.55 in volo

Due idrovolanti SAVOIA-MARCHETTI S.55 in volo

Il M.A.T./M.A. (Motoscafo Avio Trasportato/Motoscafo d’Assalto)

Lo studio preliminare dell’Ammiraglio Aimone di Savoia- Aosta e dei CF Giorgis e Margottini, prevedeva l’impiego di piccoli motoscafi leggeri e veloci, che avrebbero dovuto trasportare un carica di esplosivo derivata dalla testa di un siluro (circa 300 Kg di tritolo) e che avrebbero dovuto essere avvicinati all’obbiettivo sospesi tra gli scafi dell’idrovolante Savoia-Marchetti SM.55. Questi, avrebbero dovuto ammarare ad una distanza dalla base nemica tale da escludere la possibilità di allarmare la vigilanza avversaria. I motoscafi, una volta sganciati dagli aerei, avrebbero dovuto raggiungere l’imboccatura del porto e, una volta dentro, attaccare le navi nemiche lanciandosi a tutta velocità verso il bersaglio. Il pilota, a 50-100 metri dall’obbiettivo si sarebbe dovuto gettare in mare mentre il motoscafo proseguiva nella sua corsa, esplodendo nell’urto contro la nave.

Il progetto fu accolto e furono immediatamente interpellati due noti cantieri specializzati in costruzioni di Mas e motoscafi: i cantieri Baglietto di Varazze e Picchiotti di Limite d’Arno.

Il 29 febbraio 1936 l’ingegnere Vincenzo Baglietto fu incaricato di studiare la realizzazione di un piccolo motoscafo che avesse una velocità non inferiore ai 30 nodi e che potesse essere trasportato tra i galleggianti del SM.55. Il peso del motoscafo non doveva assolutamente superare i 1.000 Kg di peso, compresi i 300 Kg di carica esplosiva, e i 150 Kg previsti per la benzina e il pilota. Infine, in previsione di dover superare le difese avversarie, fu richiesto che il motoscafo disponesse di un sistema che sollevasse l’elica ed il timone, al fine di facilitare il superamento di sbarramenti ed ostruzioni retali, nonché una buona stabilità di rotta quando il mezzo veniva abbandonato dal pilota dopo averne bloccato il timone al centro.

Progetto M.A.T./M.A. (Motoscafo Avio Trasportato/Motoscafo d’Assalto)

Progetto M.A.T./M.A. (Motoscafo Avio Trasportato/Motoscafo d'Assalto)

Alcuni mesi prima, l’ingegnere Baglietto in collaborazione con l’ingegner Guido Cattaneo, aveva studiato e costruito il motoscafo da corsa ASSO RB dotato di una particolare trasmissione a “Z” ideata e prodotta dalla C.A.B.I. CATTANEO di Milano. Iniziò così quella stretta collaborazione che portò alla realizzazione di quei mezzi d’assalto di superficie che brillarono nella vittoriosa azione della Baia di Suda.

Il motoscafo da corsa ASSO RB

Il motoscafo da corsa ASSO RB

Il motoscafo da corsa ASSO RB

Il motoscafo da corsa ASSO RB

Il primo simulacro di barchino esplosivo fu pronto il 23 marzo del 1936 e fu spedito all’idroscalo di Orbetello per eventuale prove di flottaggio, decollo e ammaraggio, che si conclusero il giugno successivo. Gli esperimenti di Orbetello evidenziarono immediatamente i problemi di adattamento per il trasporto e il rilascio dei motoscafi dagli idrovolanti. Tuttavia, nel loro complesso, le prove non avevano escluso totalmente l’impiego del vettore aereo per l’avvicinamento dei motoscafi esplosivi.

Complesso motore-albero di trasmissione-piede poppiero del barchino esplosivo

Complesso motore-albero di trasmissione-piede poppiero del barchino esplosivo

Particolare del piede poppiero. È ben visibile il volantino che consentiva il sollevamento dello stivale.