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postdiG.Z. #623/in categoriaStorie/tagcorso incursori, incursori marina, scuola incursori
1° Episodio
2° Episodio
3° Episodio
il nodo bulin o bulino è anche detto cappio del bombardiere
Nell’arte marinaresca è chiamato invece “gassa d’amante” ed è il nodo per eccellenza. Qualunque marinaio che si rispetti dovrebbe essere in grado di eseguirlo.
La gassa d’amante è un nodo semplice, sicuro , non stringe mai troppo; è facile da sciogliersi anche quando il cavo, la cima o la corda è bagnata. Nell’arte dell’arrampicata è chiamato appunto “nodo bulino”.
Che fai? Hai deciso di restare lì all’infinito? Era la voce del “Biondo” che affacciato dalla cima di una parete mi parlava con grande serenità. Stavo facendo una “salita in libera” su una parete appena fuori dalle Bocche di Portovenere. La prima di una certa difficoltà.
Ero avvinghiato come un geco alla roccia in preda ad un attacco di panico e non riuscivo a muovermi. Non riuscivo ad andare ne su ne giù.
Sospeso a una cinquantina di metri dal mare avevo le gambe che mi tremavano e il cuore era fuori giri. Il sudore mi colava dal caschetto protettivo e i muscoli erano tesi come corde di violino.
Lui, sempre il Biondo, mi parlava con una calma serafica e mi diceva: “guardami”. Alzai lo sguardo, era lì.
Vedevo solo la sua testa. Abbassa i talloni mi disse . Io lo feci e il tremore sparì. Non guardare mai in basso e muovi un arto alla volta, piano piano. Forza, ce la puoi fare!!
Ero mortificato per quello che mi era successo ma Lui con molta calma mi confortava dicendomi: «Tranquillo, non è successo nulla, è normale avere paura, la paura deve essere una tua amica, ti aiuta ad essere scrupoloso, a ragionare e a non essere avventato l’importante è vincerla».
Comunque non sarebbe potuto accadermi nulla di male perché ero assicurato ad una resistentissima corda da roccia da 11 millimetri di diametro capace di resistere a un carico di circa 2000 kg., io ne pesavo appena 65, come si dice, bagnato.
Erano le splendide falesie, a picco sul mare, del Muzzerone e delle isole Palmaria e Tino le nostre palestre per l’attività di Combattimento in Roccia e anche per questa erano previsti test sbarranti con esame finale.
L’Assetto per arrampicare era quello standard, ogni tempo e quattro stagioni. Mimetica con anfibi, non proprio l’ideale per arrampicare, caschetto protettivo, l’M12 sempre a tracolla e un cordino da 9 mm con moschettone.
Imbragature, scarpe da aderenza e abbigliamento da arrampicata sportiva all’ultimo grido, all’epoca, era un lusso non consentito.
Per le discese noi allievi utilizzando lo spezzone da 3 mt. di cordino con il quale costruivamo una sorta di sedile da utilizzare come imbragatura.
Oggi questa tecnica non è più a norma o quantomeno può essere utilizzare solo in caso di emergenza.
Solitamente il trasferimento nelle zone addestrative avveniva via mare con la “banana” e un gommone. Con quest’ultimo raggiungevamo la parete “da attaccare” e ogni volta era una via diversa sempre più difficile o come avrebbe detto Lucio Battisti “sempre più ardita ”
A volte l’addestramento terminava con una discese direttamente a bordo del gommone e capitava che gli istruttori, mentre scendevamo, recuperassero dall’alto qualche metro di corda e poi la mollassero all’ultimo momento facendoci finire in mare, modello bustina da te, e naturalmente la cosa mi divertiva perché dentro di me ciò che provavo era sì stanchezza ma soprattutto grande soddisfazione.
E così, parete dopo parete tra appigli ed appoggi, ascensori e discensori, corde e moschettoni, salite in libera o su via fissa e discese in corda doppia, giungemmo all’esame pratico finale. In una splendida mattina di fine estate 1977 a gruppi di tre con in testa un istruttore, in cordata risalimmo la parete del Muzzerone, lato mare, circa 300 metri di arrampicata.
Prima di chiudere però non posso esimermi da citare la particolare tecnica di discesa che maggiormente lasciava in noi un “solco indelebile”, quella comunemente chiamata “discesa brucia-culo” tecnicamente discesa COMICI. Una tecnica da utilizzare quando a disposizione si ha solamente la corda. Questa, una volta ancorata, viene fatta passare tra le gambe e poi abbisciata tra tronco e una spalla. Ma proprio all’attaccatura della natica, punto di maggiore attrito, provocava una dolorosa ustione da sfregamento. Come dimenticarla, brucia ancora adesso!!
L’autunno era ormai alle porte ed eravamo rimasti in nove ma cosa ancor più importante si avvicinava sempre più il mio traguardo, il “basco verde”.
Ma questa è un’altra storia.
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