Il team di incursori che doveva liberare l’Achille Lauro

Operazione Margherita: liberate l’Achille Lauro!

«…ragazzi, qui si fa l’Italia o si muore!»

Intanto, sul ponte di volo, gli elicotteri sono pronti al decollo.

Questa storia è assolutamente vera tranne che per le parti completamente inventate.

7 ottobre 1985

Ore 21 e 44

Sono in casa. Ultimata la cena mi sto godendo un momento di relax immerso nella lettura dell’ultimo best seller di uno dei miei autori preferiti, Frederick Forsyth; nella stanza a fianco mia moglie si gode un programma in tv con un occhio sempre attento a nostro figlio che dorme beato nella culla.

Giornata tranquilla quella che sta per chiudersi. Il mattino, al Varignano, la solita routine: una corsetta di 7 chilometri seguita da una bella immersione lungo la diga foranea. Poi, nel pomeriggio, una veloce puntata al supermercato per rimpinguare la cambusa.

Ore 21 e 45

L’improvviso squillo del telefono mi fa quasi sobbalzare dalla poltrona:

«Pronto»

«C’è un’emergenza. Rientra!»

Le gomme della mia Golf GTI mordono cattive l’asfalto. Conosco bene la strada e le curve di Panigaglia. Mi piace la velocità e mi piace spingere sull’acceleratore della mia GTI nera, quella con la griglia del motore bordata di rosso e il “rabbit” in bella vista. Ma questa volta è diverso, spingo più del solito perché l’ordine è stato tassativo: non è un’esercitazione.

Mentre affronto le curve una dopo l’altra, provo ad immaginare cosa sia successo. Non ero davanti alla tv e quindi sono completamente all’oscuro dei fatti. E certamente la telefonata del mio collega di guardia non ha aiutato. «D’altra parte», penso tra me e me, «lui ha applicato la libretta alla lettera.» Ed in effetti con tutte le telefonate che avrà dovuto fare per richiamare il personale «non poteva certo stare a spiegare ad ognuno cosa era successo» mi dico a voce alta, mentre le gomme urlano affrontando l’ennesima curva a tutta velocità.

I cancelli del Varignano sono spalancati, la guardia, armata di tutto punto, schierata fuori dal “casotto”, mentre gli SDI proteggono il corpo di guardia al riparo delle garitte blindate. Il capo guardia mi conosce e conosce la mia macchina, ma rallento comunque a passo d’uomo, non è proprio il caso di prendere una fucilata in faccia proprio in questo momento. Lui, con ampi gesti mi indica di passare e io mi lancio verso il piazzale Millo sparato come un missile alla ricerca di un parcheggio libero.

Il piazzale del secondo fabbricato è un’ampio spazio in larga parte occupato da un capannone di ferro.Tutt’intorno uffici, magazzini, dormitori e la nostra armeria. L’attività al suo interno è frenetica. «Sembra un formicaio impazzito sotto l’attaccato di un formichiere» penso tra me e me.

«Vatti a cambiare, di corsa!» mi abbaia contro il “colonnello”, il comandante del Team Torre, nome in codice “OA”.

Mi precipito nello spogliatoio, infilo velocemente la tuta mimetica e gli scarponi ed un attimo dopo mi butto nella mischia senza ancora avere idea di cosa sia successo. Seguendo le indicazioni del Capo Armiere comincio a caricarmi sulle spalle armi ed equipaggiamenti stivati in nasse di spessa stoffa che chiamiamo “lisi”. Tra un viaggio e l’altro provo a raccogliere qualche informazione.

«Marco sai cosa è successo?»

«Gira voce che hanno sequestrato una nave da crociera»

«Cazzo!»

Il centro nevralgico di questa frenetica attività è la bilancia a bascula piazzata in un lato del piazzale. Di fianco ad essa tre colleghi con dei taccuini formato A3 in mano. Tutto intorno un via vai continuo di mimetiche affannate che, in una ordinata confusione, trasportano materiali fuori dai magazzini. Gli anziani tengono tutto sotto controllo disponendo, quando necessario, sul da farsi.

I tre intorno alla bilancia si sono divisi i compiti: uno spunta l’elenco di tutto quello che dobbiamo imbarcare sui mezzi. Un secondo prende nota del peso di ogni cassa, valigia, arma, cacciavite, o chiodo che sia. Il terzo suddivide tutti questi pesi su vari elenchi.

Ore 23 e 30

«Colonnello» urla il collega di guardia «hanno chiamato da Luni, hanno disponibili 5 elicotteri».

«Quanto pesi» mi chiede Vittorio, «82 kg» gli rispondo di rimando. Lo vedo trascrivere il dato sul suo taccuino.

«Gli elicotteri di Luni sono in assetto antisom e non è possibile smontare le attrezzature elettroniche, non c’è tempo» origlio mentre scarico una grossa sacca sulla bilancia

«per cui dobbiamo suddividere con attenzioni i pesi, altrimenti c’è il rischio che gli elicotteri non riescono a decollare o che precipitino a terra durante il volo».

«Andiamo bene» penso tra me e me con una certa preoccupazione.

Il materiale, una volta pesato sulla bilancia e secondo le indicazioni di uno dei marescialli, viene imbarcato ordinatamente sui furgoni. Presto ci trasferiremo a Luni dove ci attendono gli elicotteri.

8 ottobre 1985

Ore 00 e 30

«Colonnello, 40 operatori rientrati»

«Bene, chiama l’assemblea, li voglio immediatamente tutti al cinema per il breafing» risponde di rimando l’ufficiale.

«Signori attenzione» esordisce “OA” davanti ad una attenta platea.

«La motonave Achille Lauro in navigazione da Alessandria a Porto Said è stata sequestrata da un commando di terroristi palestinesi a circa 50 chilometri da Porto Said.» Un leggero brusio si diffonde nella sala.

«Fate silenzio!» Ordina “OA”.

«I terroristi richiedono la liberazione di 50 palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. Pare che il commando sia capitanato da un certo “capitano Oman o Omar”»

«A bordo ci sono circa 450 persone» riprende dopo un breve pausa «i passeggeri sembra siano stati rinchiusi nelle loro cabine. Pare che 28 passeggeri siano di nazionalità americana».

«Il TG1 ha appena trasmesso una dichiarazione dei terroristi» ora a parlare è il sottufficiale addetto all’intelligence, nome in codice “OB”, «hanno minacciato di iniziare ad eliminare passeggeri ed equipaggio se i detenuti non saranno rilasciati».

«Fonti non controllate» continua il sottufficiale «riferiscono che i terroristi a bordo potrebbe essere una dozzina e sarebbero armati con fucili mitragliatori e cariche esplosive. Sarebbero inoltre dotati di apparati radio portatili e si sarebbero posizionati nei punti sensibili della nave, sala macchine, sala radio e plancia.»

Ore 00 e 40

«Roberto, ho confermato al CSMM 40 operatori pronti, materiale pronto e che alle 03:00 saremo a Luni per imbarcare sugli elicotteri come pianificato» avverte il Comandate F. M., nome in codice “9” capo dell’UNIS.

Il Team Torre è nato nel ’77 per iniziativa dell’allora Ministro degli Interni Onorevole Francesco Cossiga futuro presidente della Repubblica, nel bel mezzo dei cosiddetti “anni di piombo”.

Vennero i SAS inglesi, tra i massimi esperti al mondo in questo genere di operazioni, con i consigli e i primi rudimenti addestrativi. Venne messa in piedi una organizzazione tutta nuova, segreta, la cosiddetta “UNIS”, Unità di Intervento Speciale (leggi qui tutta la storia).

Questo nuovo ed improvviso incarico stravolse completamente la routine del GOI, che si era ritrovato, dall’oggi al domani, a dover affrontare una minaccia del tutto nuova: il terrorismo. Questa minaccia comportava un approccio completamente diverso rispetto alla classica operazione di incursione. In una incursione si cerca di colpire con tutte le armi a disposizione: mitragliatrici di squadra, lanciarazzi, bombe a mano, esplosivi, ecc.. Si ricerca insomma la massima saturazione di fuoco per “annientare” l’obbiettivo perché quella è la missione.

In una liberazione ostaggi la missione cambia e, conseguentemente, cambia completamente l’approccio nell’uso delle armi. La missione qui è salvare tutti gli ostaggi, per cui niente più razzi, mitragliatrici o bombe a mano. Niente più fuoco di saturazione. Ora quello che serve è precisione, selezione e massima velocità di esecuzione. Per non parlare nell’esasperata attenzione posta all’uso in sicurezza delle armi.

Furono pertanto costruiti, ex novo, poligoni di tiro riadattando vecchi forti presenti nel territorio, dove tutti i giorni ed in qualsiasi condizione il personale si addestrava sparando migliaia e migliaia di colpi.

Il braccio operativo dell’UNIS fu chiamato “Team Torre” (TT), ed era suddiviso in un gruppo di 12 sniper e 4 squadre di assaltatori contraddistinti dalle lettere Alfa-Bravo-Charlie e Delta. Ciascuna squadra era composta da 4 operatori, ogni operatore era contraddistinto da una sigla alfanumerica (A1-A2-A3-A4… ecc.). I numeri pari ed i numeri dispari formavano una coppia di assaltatori (A1-A3, A2-A4… ecc.) Il personale, pescato tra le fila del Gruppo Incursori, rimaneva in carica sei mesi. Prima di montare in carica si doveva affrontare un corso di un mese dove anche i più esperti ripartivano dalle nozioni di base e dove l’addestramento fisico e operativo veniva spinto al massimo.

Il Team in carica doveva essere pronto al fiammifero, si era praticamente prigionieri. Non esistendo ancora i i telefoni cellulari, ogni spostamento al difuori dal comprensorio del Varignano o della propria abitazione doveva essere comunicato al collega di guardia, 24 ore su 24, così come ogni tre ore si doveva comunicare con la guardia fino al rientro nella propria abitazione o in caserma. Ogni spostamento che comportava un tempo di rientro al Varignano superiore alle due ore era vietato. Tutto doveva essere sotto controllo. La famiglia, tua moglie e i tuoi figli erano le vittime sacrificali di questo pesante “assetto di guerra”.

Ore 01 e 25

«Fate attenzione!». È di nuovo “OA” a parlare.

«Tra meno di un’ora ci trasferiremo a Luni per imbarcare sugli elicotteri con i quali ci ridislocheremo su nave Vittorio Veneto che sta incrociando nel Canale di Sicilia.

Ora faremo l’appello del personale taskato per questa operazione».

Tra gli operatori si leva immediatamente un leggero brusio. C’è eccitazione mista a nervosismo, tutti vogliamo far parte di questa operazione, nessuno vuole restare a casa.

Tiro un sospiro di sollievo: sono dentro!

«Attenzione, questo è un ordine tassativo» urla di nuovo “0A” per richiamare l’attenzione del personale. «È vietato portare al seguito qualsiasi tipo di materiale che non sia da combattimento. Niente ciabatte, niente spazzolino da denti, niente mutande o asciugamani da bidet. Niente di niente. Siamo stretti con i pesi e non abbiamo spazio per le suppellettili personali».

Ore 03 e 00

Siamo a Luni. Iniziamo l’imbarco sugli elicotteri.

Ore 03 e 40

Iniziano le operazioni di decollo degli elicotteri.

Ore 04 e 00

Tutti e cinque gli elicotteri sono in volo.

Ore 08 e 00

L’elicottero sul quale sono imbarcato è il terzo ad appontare sul Veneto.

«Ragazzi veloci a sbarcare perché sono abbastanza impiccato con il carburante» gracchia in cuffia la voce del pilota. In effetti, sbarcati noi, lui ed altri 3 elicotteri dovranno dirigere su Catania perché a bordo non c’è posto per loro.

Ore 08 e 40

«Fate attenzione!» è di nuovo “0A” a parlare «rassettate i materiali, portate armi ed esplosivi in cala armi e prendete possesso della branda. Tra 40 minuti tutti in hangar per un breafing.»

Ore 09 e 20

«Aggiornamento di situazione»  attacca “OB” «Secondo l’agenzia Router l’Achille Lauro starebbe facendo rotta verso l’Europa. Il commando avrebbe minacciato di uccidere subito tutti i passeggeri americani. Secondo il TG1 delle 07:30  i terroristi, di cui ancora non si conosce con certezza il numero, forse 6/8 o 12, sarebbero imbarcati in Italia.»

«Sciolta questa assemblea» interviene “OA” «tutto il personale previsto in quadrato ufficiali per iniziare ad abbozzare delle linee di azione.»

Nelle ore che seguirono fu a tutti palese che realisticamente di linee di azione da seguire ce n’era una sola. Quella dell’assalto per mezzo degli elicotteri.

Utilizzando il Veneto come obbiettivo proviamo e riproviamo lo sbarco dagli elicotteri. Cerchiamo velocità di esecuzione e prontezza al combattimento. Sappiamo che ci aspettano armi in pugno, per cui ci addestriamo a saltare dall’elicottero quando questo è ancora in movimento e ad un metro circa di altezza dal ponte. Non è facile perché siamo appesantiti dall’equipaggiamento e perché,  nella foga dell’azione, non è facile stimare la giusta altezza. Sfruttiamo il Veneto anche per addestrarci al movimento all’interno di una nave. Ci rendiamo conto che la situazione è tutt’altro che semplice tanto più che una nave da crociera è enormemente più grande e complicata di una nave da guerra.

E poi spariamo tutte le munizioni calibro 9 in dotazione al Veneto. Vogliamo preservare le nostre che sappiamo essere “fresche” di fabbrica.

Nel frattempo le notizie si rincorrono, vaghe e contraddittorie:

Ore 10 e 10

In ambiente diplomatico locale è data per certa l’appartenenza del commando al “Nuovo Movimento Rivoluzionario Palestinese” nato nel 1985. Hanno il patrocinio di Gheddafi e si addestrano in Libia.

Ore 12 e 00

Dal TG1: posizione nave Lauro a circa 30 miglia dal porto egiziano di Damietta, probabilmente diretta verso un porto siriano. I passeggeri sarebbero rinchiusi nelle cabine.

Fonti riportano che gli ostaggi sono:

  • Equipaggio 350
  • Italiani 24
  • Americani 2
  • Inglesi 4

Ore 13 e 05

Dal TG2: posizione dell’Achille Lauro a 60 miglia dalle coste egiziane, probabilmente diretta al porto di Beirut o Tartus. Sono confermati 7 terroristi a bordo. L’atto terroristico si sarebbe svolto durante la navigazione tra Alessandria e Porto Said. La nave potrebbe dirigersi verso un porto israeliano per scambio prigionieri.

Ore 13 e 50

Dal TG1: a bordo 14 cittadini britannici. Probabile posizione della nave a largo di Tartus.

Ore 14 e 35

Dal TG2: secondo la radio libanese “La voce del Libano” i terroristi intendono uccidere un passeggero se non vengono rilasciati 50 palestinesi detenuti in Israele e se non si riuniscono i Ministri degli Esteri delle nazioni interessate (Italia, Inghilterra, Israele).

Ore 15 e 45

Dal TG1: composizione ostaggi:

  • 275 italiani, di cui 215 dell’equipaggio
  • 28 americani
  • 5 tedeschi
  • 4 spagnoli
  • Alcuni australiani.

Ore 23 e 14

Ambasciata italiana al Cairo: si dice che il commando non è controllabile dai vertici dell’OLP e che non ci sarebbero collegamenti tra il raid israeliano a Tunisi e il sequestro della Lauro.

Ore 23 e 30

Dal TG1: la nave dirige verso sud cambiando rotta varie volte. I terroristi armeggiano sulle scialuppe di salvataggio, si tema vogliano affondare la nave con tutti gli ostaggi al seguito.

Ore 24 e 00

Dal TG1: il comandante dell’Achille Lauro afferma che a bordo stanno tutti bene e che presto saranno tutti liberi. Chiede che nulla sia tentato contro la sua nave.

Secondo alcune televisioni statunitensi e spagnole i terroristi si preparano a lasciare la nave di notte.

9 ottobre 1985

Ore 00 e 25

Dal TG1: Cipro rifiuta il permesso alla Lauro di entrare nel porto di Larnaca.

Ore 07 e 30

Dal TG1: posizione attuale della nave a nord di Alessandria.

Ore 12 e 00

Dal TG1: confermata la posizione della nave a 15 miglia da Porto Said. I terroristi richiedono la liberazione dei prigionieri detenuti nei campi israeliani, in cambio concederebbero la liberazione di donne e bambini.

Ore 15 e 48

Tutto è pronto! Equipaggiamento indossato ed armi al fianco abbiamo ascoltato con attenzione il breafing finale: davanti a noi i piani costruttivi della motonave; tutti i movimenti sono stati definiti. Tutti i compiti assegnati. L’Ammiraglio ci saluta con un breve discorso di incoraggiamento: “…ragazzi, qui si fa l’Italia o si muore!” è la sua conclusione.

Intanto, sul ponte di volo, gli elicotteri sono pronti al decollo.

Iniziamo a percorre i corridoi per portarci all’imbarco. L’adrenalina comincia a pompare a fiotti nelle vene.

Ore 15 e 49

Dal TG1: EDIZIONE STRAORDINARIA – La Lauro è in navigazione verso Porto Said. I terroristi si sono arresi, depositeranno le armi appena giunti nel porto egiziano!
 

Nelle immagini da sinistra: stralcio degli appunti per l’imbarco sugli elicotteri – messaggio di compiacimento del Ministro della Difesa Giovanni Spadolini – Lettera del Ministro degli Interni Eugenio Scalfaro che comunica al Ministro della Difesa la decisione di chiudere le UNIS di Forza Armata

Con la sconfitta del terrorismo in Italia e la creazione, nel frattempo, dei GIS (Carabinieri) e dei NOCS (Polizia di Stato) le UNIS di Forza Armata piano piano vennero messe da parte.

Ufficialmente subimmo l’onta della chiusura il 25 ottobre 1984. Anni di pesanti sacrifici cancellati con un colpo di spugna. Per giustificare la chiusura girarono voci di improbabili problemi burocratici che di certo non addolcirono l’amara pillola.

Una lucina si riaccese qualche mese dopo, quando fonti intelligence segnalarono una ripresa delle attività terroristiche con possibili “rischi terroristici o eversivi” contro le Forze Armate. Con un documento del 9 febbraio 1985 lo Stato Maggiore della Difesa dispose la ripresa delle attività delle UNIS di Forza Armata, anche se queste dovevano rimanere in secondo piano rispetto alle “normali” attività di istituto.

Malgrado questa parvenza di ripresa, nei fatti all’epoca del sequestro dell’Achille Lauro il Team Torre esisteva solo sulla carta e nella memoria dei più anziani: solo la sua vecchia organizzazione resisteva ancora nei magazzini e nelle armerie. Mancava completamente l’addestramento degli operatori che ormai da molti mesi avevano ripreso le “normali” attività di istituto.

Il dirottamento della Lauro fu il primo caso al mondo di sequestro di una nave da crociera e nessun reparto, all’epoca, era addestrato ed equipaggiato specificatamente per affrontare quel tipo di minaccia.

I timori circa le difficoltà di sbarco dagli elicotteri furono confermati dal comandante dell’Achille Lauro, Gerardo De Rosa, con il suo libro “Terrorismo forza 10” pubblicato da Mondadori nel 1987.

Nel libro il comandante De Rosa afferma che i terroristi si aspettavano l’arrivo degli elicotteri per cui si erano premuniti disseminando di ostacoli il ponte di coperta. Sembra anche che avessero predisposto dei bidoni pieni di gasolio da incendiare per impedire l’assalto.

Era stata pianificata una seconda linea d’azione che prevedeva un aviolancio di paracadutisti, i quali, una volta atterrati, avrebbero dovuto eliminare eventuali ostacoli e proteggere l’area di sbarco del team d’assalto che arrivava subito dopo con gli elicotteri.

Alcuni operatori del GOI specialisti in lanci con la tecnica dell’apertura comandata, erano stati all’uopo trasferiti a Cipro in attesa del via all’operazione. Gli “AC”, come chiamavamo i nostri colleghi,  si sarebbero dovuti lanciare di notte da un elicottero e atterrare sul ponte superiore della nave.

Gli eventi che avevano coinvolto l’Achille Lauro e la nuova minaccia che si era palesata allargava lo scenario di intervento a livello internazionale. Pertanto i decisori dovettero discutere e risolvere un certo numero di problematiche: addestramento, scambio di informazioni, equipaggiamento, coordinamento ed impiego delle unità, settori di intervento – territorio nazionale, in acque internazionali o sul territorio di altri Paesi – e tutte le implicazioni di ordine operativo, logistico e giuridico che ne derivavano.

Tanto c’era da fare, ma questa è tutta un’altra storia!

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