Gioco a fare il filosofo, state a sentire ma… non prendetemi troppo sul serio.

Prendete una persona qualsiasi che svolga un qualsiasi lavoro dove ci sia del rischio e chiedetegli se ha paura?

La risposta? Standard!

Certo che ho paura, la paura è necessaria perché mi aiuta a rimanere vigile, la paura è mia amica, l’importante è riuscire a gestirla.

Vero!

Dicono gli esperti che la paura è una delle emozioni fondamentali degli esseri viventi. La paura ci consente di capire quando siamo davanti ad un pericolo e ci spinge alla sopravvivenza.

La paura è la risposta naturale ad una imminente situazione di pericolo. La sopravvivenza è l’istinto che ci consente di reagire in qualche modo alla paura. Senza l’istinto della sopravvivenza c’è il terrore, la paralisi, il blocco totale delle proprie azioni.

Ma quindi la paura si può realmente gestire?

La risposta è si, si può!

Imparare a gestire la paura

Per imparare a gestire la paura però, è necessario allenare l’istinto della sopravvivenza perché, come abbiamo visto, è quest’ultimo che controlla le emozioni legate alla paura. Pertanto l’altra domanda è: come si allena questo istinto?

Per esperienza personale mi sento di dire che l’istinto di sopravvivenza si può allenare solo affrontando la paura a piccole e graduali dosi. Per dirla meglio, l’istinto di sopravvivenza si può allenare affrontando situazioni di basso rischio reale ma che, sul momento, infondono al malcapitato un grande senso di paura.

Perché è solo così che ti rendi conto che ce la puoi fare, che puoi abbattere il mostro che, nell’immediato, ti strizza lo stomaco, ti manda in pappa il cervello e ti fa compiere azioni che condizionano in negativo le tue scelte o che, addirittura, ti rendono incapace di fare delle scelte, mettendo potenzialmente a rischio la tua stessa incolumità.

Alla Scuola Incursori

Alla Scuola Incursori gli istruttori non pongono immediatamente l’allievo davanti a situazioni che potrebbe non essere in grado di controllare. Gli ostacoli, nei termini della gestione della paura, a cui gli istruttori espongono l’allievo sono calibrati e graduali. Sanno benissimo che egli ha bisogno di allenare il suo istinto di sopravvivenza.

Ma può succedere che l’allievo non sia comunque in grado di superare queste prove di “sopravvivenza”? Certamente si, e la risposta non può che essere una e una soltanto: questo mestiere non fa per lui!

Vi ho detto di queste “prove” a cui gli istruttori sottopongono gli allievi. Volete un esempio?

Il mio primo mostro

Beh se avete pazienza vi racconto qual’è stato, durante il Corso Incursori, il primo ostacolo, il primo vero mostro che ho dovuto abbattere. Il mio primo piccolo passo verso la gestione ragionata della paura.

Varignano, primavera del 1981. Noi del 32° Corso Incursori siamo all’inizio della fase acqua. È arrivato il momento della prima immersione notturna, in solitaria. L’esercizio è molto semplice, direi banale, se non fosse che io la testa sott’acqua, di notte, non l’ho mai messa.

In pratica si tratta di scendere sul fondo, nel buio assoluto, in meno di 2 metri d’acqua, prendere in mano una relinga e, seguendola, percorrere a nuoto un tratto di circa 20 metri fino a trovare l’ancoraggio di un gavitello. Quindi dopo una vigorosa scampanellata per dimostrare agli istruttori di aver felicemente completato l’esercizio, tornare indietro fino alla banchina. Una cazzata di esercizio, a rifarlo oggi ci metterei un nanosecondo. Ma, signori miei, lo ripeto: io all’epoca la testa sott’acqua, di notte, non l’avevo mai messa.

Dicesi terrore

Il mio mostro, quella notte, era rappresentato dal fondale marino. Il solo pensiero di doverlo toccare mi mandava letteralmente nel panico. Nella mia mente, stravolta dalla paura, vedevo un orrendo, enorme serpente marino uscire dalla tana nascosta tra le rocce che affioravano sul fondale. E, nel mio delirio, vedevo centinaia di spaventosi denti, affilati ed aguzzi, fiorire nella sua enorme bocca spalancata, avventarsi sul mio corpo e farne scempio, strappando letteralmente la carne a morsi.

Sono arrivato sul fondo, in 2 metri d’acqua, con il respiro corto ed affannato, le pulsazioni a mille, sulla punta delle pinne e delle dita delle mani, nel disperato tentativo di offrire meno superficie possibile del mio corpo alle fauci affamate dell’orrendo leviatano.

Alla fine, dopo alcuni interminabili secondi, ho faticosamente recuperato il controllo e sono riuscito a completare indenne l’esercizio.

Certamente quella prima immersione notturna ha rappresentato per me un grosso ostacolo psicologico. Per gli altri, probabilmente, non è stato così. Ma sono sicuro che anche loro, in altri momenti e per altri motivi, hanno dovuto affrontare le loro inconfessabili, terrorizzanti paure!

In quella semplice immersione avevo superato il mio primo vero ostacolo di quel percorso di guerra che è il Corso Ordinario Incursori. Avevo abbattuto il mio mostro. Avevo allenato il mio istinto di sopravvivenza.

Altri ne seguirono, ma il primo piccolo passo verso la gestione consapevole della paura lo avevo portato a termine.

Gli Incursori di Marina

Da brevettati noi Incursori di Marina ci addestriamo costantemente, giorno dopo giorno, nel modo più vicino possibile alla realtà, pur rispettando le norme di sicurezza che, ovviamente, pratichiamo. In questo modo cerchiamo di aumentare la conoscenza dei rischi impliciti del nostro lavoro e, conseguentemente, gestire quel sentimento naturale che è la paura.

Un mio vecchio comandante, lo chiamavamo “il colonnello”, affermava che l’Incursore, nella sua carriera, passa attraverso tre fasi:

  1. Apprendistato
  2. Presunzione
  3. Esperienza

Nella prima fase, l’apprendistato, sei nella condizione “ascolto continuo”. Ti sei appena brevettato. Non ti è permesso parlare, non ti è permesso prendere decisioni. Devi solo eseguire e “rubare” il mestiere dai più anziani. Sei voglioso di conoscere e sapere, segui e rispetti chi ha vissuto e ne sa più di te.

Nella seconda fase, la presunzione, sei un operatore con qualche anno di esperienza sulle spalle. È la fase più pericolosa. Credi di sapere e di aver vissuto tutto. Affronti tutte le sfide con spavalderia rischiando di andare oltre le tue capacità e le tue possibilità. Convinto delle tue esperienze, sei talmente abituato ad alzare l’asticella del pericolo che potresti non essere in grado di capire che stai per superare un limite invalicabile, oltre il quale l’incidente è certo. Sei talmente abituato ad andare oltre che, ad un certo punto, rischi di non renderti conto che stai andando troppo oltre.

La terza fase, quella dell’esperienza. Sei un operatore con diversi anni di attività operativa sulle spalle. Ne hai viste tante, conosci profondamente le procedure, i materiali e gli equipaggiamenti che hai a disposizione. Hai sviluppato un istinto di sopravvivenza che ti consente di gestire nel modo giusto potenzialmente qualsiasi situazione.

Dice Treccani a proposito dell’esperienza: conoscenza diretta, personalmente acquisita con l’osservazione, l’uso o la pratica, di una determinata sfera della realtà.

Quindi la morale?

La morale è tutta qui: per imparare a controllare la paura ci vuole un allenamento costante. Un allenamento che sposti sempre un pochino più avanti l’asticella del pericolo percepito, in modo da adeguare costantemente l’istinto di sopravvivenza ai rischi dell’ambiente in cui operi, imparando quindi a gestire la paura e capire quando non si deve andare oltre.

Tradotto: acquisire sempre più esperienza cercando di superare indenne le fasi di apprendistato e, soprattutto, di presunzione.

Qualsiasi lavoro tu faccia!

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5 commenti
  1. Davide
    Davide dice:

    Bravo Mauro,
    scrivi molto bene e descrivi altrettanto bene la paura.
    La paura è il limite del conosciuto, oltre questo limite si trova l’ignoto.
    L’ignoto fa paura.
    La conoscenza e l’esperienza ampliano il limite dell’ignoto.
    Quello che oggi temi e ti paralizza domani ti richiederà un nanosecondo.
    La prima volta che incontrai “il colonnello” imparai proprio questo, conosci i tuoi limiti, impara per superarli, quando avrai imparato saprai cosa fare.
    Un abbraccio.

    Rispondi
  2. Enrico Rolla
    Enrico Rolla dice:

    La paura: è’ la più antica, primitiva, inevitabile delle emozioni umane, sembra occupare ogni ambito della vita e si presenta come qualcosa di inevitabile, si rivela all’uomo che il suo vero nemico non si trova fuori, ma dentro di se. Un esperimento compiuto tra i paracadutisti ha mostrato un’interessante verità: la paura, per chi si lancia per la prima volta, raggiunge il suo culmine in una situazione di relativa sicurezza, quando cioè compare nella carlinga dell’aereo la scritta “Pronti!”, prospettando al paracadutista il futuro pericolo che lo attende…la paura continua in tal modo a crescere fino a quando egli si lancia, cioè, quando raggiunge ciò che viene chiamato “il punto di non ritorno”, in cui non può più tornare indietro, ma solo precipitare nel vuoto. Stranamente, è proprio a partire da quel momento, di reale pericolo, che la paura inizia a diminuire, fino a scomparire…come ebbe a osservare il presidente degli Stati Uniti F.D. Roosvelt: “Gli uomini non sono prigionieri del fato, ma solo della propria mente”…ciao Mauro, ne ho scritto una parte, grazie. (Rolla Enrico, classe 1952, Sott/le dell’Aeronautica Militare, Addetto alla difesa aeroportuale e alle Informazioni operative, Istruttore presso l’allora Scuola Specialisti A.M. di Macerata).

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  3. Sabino
    Sabino dice:

    Grande Mauro. Racconti sempre precisi, tornano alla mente spezzoni di vita e di tante emozioni, condite anche dai commenti. Bravo

    Rispondi
  4. Coppini Lorenzo
    Coppini Lorenzo dice:

    Francamente convinto ,quando cominciavo a correre ero un cavallo. Ma la mia PAURA è venuta a galla nel momento del confezionamento delle cariche esplosive. Il maneggiare quella pinza e stringere il detonatore ,mi rendeva nervoso ,la paura di non saper calibrare la pressione da dare alla pinza con la mia mano. Non sopportavo di stare troppo vicino ai miei compagni di corso e pensavo se io ho paura di certo anche loro ne avranno e se sbagliano. Poi gli istruttori mi hanno spiegato come fare e la mia paura sparì, ma la confidenza al detonatore non gliela diedi mai.

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  5. Nello
    Nello dice:

    Quanto è vero tutto.
    A me gli istruttori misero paura già durante la fase terra. Durante le marce notturne, c’era il serio pericolo di imbattersi nelle piante carnivore. Rappresentate realmente sul terreno dai rovi selvatici.

    Rispondi

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