Il Natale che non dimentichi

Appena indossato il tanto atteso basco verde, ognuno di noi cercava di dargli  una impostazione ideale per i nostri crani, rispettando le varianti concesse; tali livree ci avrebbero accompagnato nell’affrontare le future sfide da neo  incursore!

Non tardarono ad arrivare

L’ ordine di operazione era chiaro: recuperare in territorio nemico il futuro Albero di Natale; “Pino o abete” e issarlo in posizione strategica, ad essere idoneo nell’accogliere luci e dolci a profusione!

La consuetudine lo imponeva!

La missione fu denominata “Natale ’71” ed ebbe inizio sul far della notte, prossima al Natale. Facile impresa superare il muro di cinta, “Lo avevamo sperimentato da aspiranti allievi Incursori, mesi prima, verso sera per poi rientrare occultamente all’interno” .

Risalimmo la china del Muzzerone, sino ad imbatterci nella vittima prescelta! Eravamo in sei “gli altri erano partiti in licenza” con i nostri baschi calzati non come la prima volta, ma ognuno aveva assunto strane livree; chi alla contadina e chi da evocatore di una Decima mai doma! Deturpammo un tratto di vegetazione mediterranea e ne uscimmo con assetti disadorni.

Il lungo fusto, a mo’ di trofeo fu sollevato e anch’esso partecipò alla fase di rientro. Nessuno doveva accorgersi della nostra insana presenza, tanto meno nei passaggi delicati: si vociferava di un Aiutante Maggiore sofferente di insonnia, il ché aumentò a dismisura il concetto di qualità del nostro movimento tattico. La missione poteva dichiararsi conclusa, e per  l’addobbo fu cosa semplice, un po meno per i dolci, che tendevano a sparire nottetempo!

Come dimenticare  gli altri Natali con i propri alberi, non ero certo io l’artefice ma solo spettatore

Non avevo appreso appieno il significato di tutto quello strano movimento, ma non importava: non era né un abete tanto meno un pino; forse un ramo di quercia, costretto, a rimaner eretto tra due enormi pietre  ed era attorniato da un piccolo prato, disseminato di pecore ed altri animali, con il loro seguito di viandanti e pastori con gli sguardi rivolti verso un’unica direzione, su quell’insieme di arbusti  a forma di capanna posta al centro di quel piccolo mondo, accolto nella nostra stanza, che a sera si illuminava  da una lampada a petrolio. Il mio sguardo curioso, seguiva  gli ultimi ritocchi, portati con fare geniale da mia madre.

A completare il tutto apparve una grande e strana stella sulla parte alta di quella capanna, solo allora capii che l’elemento centrale era proprio lì!  Bello l’albero con il suo presepe, non c’erano luci né dolci ma tanto  calore e colore a far fronte a quel lungo inverno del ’56!  L’unica fiamma era quella del camino che quando acceso, riusciva ad illuminare e scaldare i  nostri sguardi e, far scintillare  la grande stella, e quelle poche palline e oggetti appesi,  realizzati di un materiale sconosciuto ma di sicuro non commestibili!

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