L’eroe Nazario Sauro

Il 10 agosto 1916 moriva per mano austriaca l’Eroe istriano Nazario Sauro.

In occasione del 107° anniversario della sua morte vogliamo ricordare il sacrificio di un uomo che ha donato la sua vita per la Patria e per tutti i noi.

Lo facciamo riportando integralmente un articolo di Desirée Tommaselli apparso sul Notiziario della Marina nr. 28 dell’aprile 2015 (vedi l’articolo originale dal sito della Marina Militare)

Nazario Sauro con alcuni ufficiali del Regio esercito

Nazario Sauro con un gruppo di ufficiali del Regio Esercito a Venezia; l’istriano mantenne sempre stretti rapporti con gli irredentisti che, allo scoppio della guerra, si erano arruolati nell’Esercito italiano: tra questi c’erano gli amici Pio Riego Gambini, Vico Predonzani e Piero Alerigogna

Nazario Sauro, il primo violatore di porti della Marina Militare

Tutte le volte che Nazario Sauro prendeva parte a una missione di guerra, l’equipaggio vedeva salire a bordo un tenente di vascello un po’ corpulento, dall’aspetto gioviale, con una valigetta in mano. Così anche quella notte, a San Nicolò di Lido, dove il cacciatorpediniere Zeffiro con le macchine sotto pressione si accingeva a partire per un’incursione contro la base idrovolanti di Parenzo.

Tutti conoscevano in Marina Nazario Sauro, se non personalmente, almeno per fama: ottimo marinaio, era il pilota esperto delle coste nemiche che aveva il compito di condurre, anche in condizioni di estrema difficoltà, “ad occhi chiusi”, le navi italiane all’interno dei porti austriaci.

Durante gli anni in cui comandava i piroscafi per le società di navigazione istriane (1905 – 1914), egli aveva studiato le coste dell’Adriatico, fino a conoscerle perfettamente; come ricorda il suo primo biografo, Silvio Stringari, direttore del quotidiano il Gazzettino nonché suo amico, Sauro “in tutte le occasioni studiava con meticolosa diligenza, con paziente costanza, ogni punto, ogni insenatura, ogni corrente, ogni scoglio, ogni accidentalità, ogni sponda…” e aveva redatto una specie di portolano personale in cui erano segnate tutte quelle specifiche che le carte nautiche ufficiali austriache, per questioni di sicurezza, non riportavano.

Inoltre, durante le navigazioni costiere, aveva raccolto anche preziose informazioni sulle difese militari che l’Austria aveva predisposto, preparandosi al conflitto. Questa sua attenzione non era solo funzionale al suo lavoro; egli era convinto che tutti questi elementi da lui raccolti sarebbero prima o poi serviti all’Italia.

Nativo di Capodistria, “italianissima cittadina dell’Istria” – come diceva Stringari -, era stato educato in famiglia “all’italianità”, rafforzando poi questi suoi sentimenti patriottici con la frequentazione del Circolo Canottieri Libertas di Capodistria, fucina di irredentisti.

Dopo lo scoppio della Grande Guerra, non volendo rischiare di indossare la divisa austriaca e desiderando, invece, di poter vestire quella italiana, si trasferì a Venezia, dove fu attivo interventista al punto da studiare “sbarchi alla Pisacane”, ossia azioni che costringessero l’Italia ad entrare nel conflitto.

Figura già nota al governo italiano per aver fornito utili informazioni durante la guerra di Libia, venne reclutato dalla Regia Marina pochi giorni prima della dichiarazione di guerra dell’Italia all’Austria. Era un tenente di vascello speciale: la sua nomina, per questioni di opportunità politica, non fu mai ufficializzata da un decreto ma gli giunse direttamente dall’ammiraglio Thaon di Revel che, come si trova appuntato su un documento conservato presso l’Ufficio Storico, pose sul capo di Sauro “un berretto trigallonato”.

Ma fu a tutti gli effetti un ufficiale della Regia Marina, vestendo la divisa prescritta e ricoprendo gli incarichi commisurati al grado.

L’apporto di Sauro fu giudicato prezioso dal capo di Stato Maggiore della Marina che lo impiegò subito, fin dall’inizio delle ostilità.

Cacciatorpediniere Zeffiro

Cacciatorpediniere Zeffiro; a bordo di questa unità Sauro si rese protagonista della “Beffa di Parenzo” all’alba del 12 giugno 1916

Sommergibile Jalea

Piroscafo Timavo in navigazione: recuperato dall’ufficiale istriano, dopo la sua morte fu rinominato Nazario Sauro

Sauro venne imbarcato nelle prime navigazioni, particolarmente difficili, nelle località abbandonate dagli austriaci che, nel ritirarsi, eliminavano tutti i segnalamenti per le sicurezze della notte; a Sauro era anche affidato l’incarico di ripristinarli, di sorvegliare gli scavi di nuovi canali e di ottenere notizie dai prigionieri nemici.

Grande prova di arguzia e perizia marinaresca diede, inoltre, nel recupero del piroscafo Timavo, bloccato dagli austriaci sull’Isonzo. Sauro prese infatti il comando dell’unità e la fece scendere lungo il fiume sotto il tiro nemico. Il Timavo, una volta recuperato, fu destinato al servizio dragamine e venne poi ribattezzato con il nome di Nazario Sauro dopo la morte di questi.

L’opera di Sauro si rivelò utilissima per la conoscenza dei luoghi, delle persone e degli usi. Di fatto fu grazie a lui, e a tutti gli altri irredenti imbarcati, che la strategia della guerra in porto poté essere sperimentata fin dai primi momenti del conflitto. Anticipando le glorie dei MAS e le imprese di Luigi Rizzo, furono le torpediniere, i cacciatorpediniere e i sommergibili con a bordo Nazario Sauro a violare i porti nemici.

Tra le azioni “leggendarie”, quella che più si impresse nella memoria comune fu l’incursione nel porto di Parenzo, che si rivelò una vera e propria “beffa” contro gli austriaci.

La missione, voluta dall’ammiraglio Thaon di Revel, aveva lo scopo di distruggere gli hangar della stazione idrovolanti di Parenzo da cui, nella seconda metà di maggio, erano partiti i velivoli austriaci che avevano attaccato le città italiane del nord Adriatico.

All’alba del 12 giugno 1916 il cacciatorpediniere Zeffiro penetrò nel porto di Parenzo per individuare la posizione del bersaglio stabilito che, però, non venne subito riconosciuto in quanto abilmente mascherato. “La missione sarebbe fallita – ricorda il capitano di vascello Pignatti Morano, comandante del gruppo navale – ma giudicai, prima di ritirarci, che si dovesse approfittare della mancanza di qualsiasi allarme…per fare una corsa all’interno del porto ed accertare se in qualche altra località, nascosta alla visione dal largo, potesse esservi l’hangar. Mentre si stava per uscire dal porto comparvero sul molo della Sanità tre soldati che osservavano la manovra delle torpediniere con curiosità, ma evidentemente senza alcuna preoccupazione. Il signor Sauro lanciò l’idea di accostare alla banchina e di cercare di prenderli e così avere delle informazioni.

Approfittando dell’“effetto sorpresa, Sauro, a prora del mezzo, chiese ai tre soldati, in dialetto veneto-istriano, aiuto ad ormeggiare l’unità che essi non avevano evidentemente riconosciuta come italiana. Appena possibile, Sauro saltò sulla banchina con altri marinai e, nella colluttazione, riuscirono a farne uno prigioniero. Scattato l’allarme, lo Zeffiro uscì dal porto e si appostò e, grazie alle indicazioni ricevute dal prigioniero, fu condotto il cannoneggiamento dell’hangar.

Quest’azione giungeva 15 giorni dopo quella contro il porto di Trieste del 28 maggio 1916.

La notte era oscurissima – racconta il comandante della torpediniera 24OS, tenente di vascello Gravina – l’atmosfera fosca, piovigginosa. Alla nota pratica e alla coraggiosa serenità del pilota Sauro devesi in massima parte se fu possibile l’orientarsi nelle sfavorevolissime circostanze di questa notte entro l’anfiteatro uniforme e oscuro della conca di Trieste.

L’azione di Trieste, dopo le incursioni italiane di Porto Buso e Monfalcone del 24 maggio 1915, riapriva un ciclo di azioni “a carattere provocatorio, oltre che offensivo”, come disse l’ammiraglio Virgilio Spigai in Cento uomini contro due flotte.

Infatti, il 25 giugno le torpediniere 19 O.S., 20 O.S. e 21 O.S. violarono il porto di Pirano. Come disse Spigai, che in queste azioni riconobbe le prime prove dei violatori di porti, “Ormai il nemico nei remoti ancoraggi non dormiva più…nel frattempo nuovi piccoli mezzi velocissimi erano comparsi, con intenzioni risolutive… I marinai li chiamavano MAS.

In tutte queste missioni ebbe un ruolo fondamentale Nazario Sauro che, dall’inizio della guerra fino alla sua cattura, prese parte a ben 62 azioni militari ricevendo unanimi consensi ed encomi da parte del Comando della Piazza Marittima di Venezia – da cui dipendeva -, e di quelli delle divisioni navali lì dislocate: su loro proposta Sauro fu insignito della Medaglia d’Argento al Valore Militare, cui si aggiunse, dopo la sua morte, quella d’Oro alla memoria.

Sommergibile Jalea

Il sommergibile Jalea. Sauro vi fu imbarcato per missioni di agguato nell’agosto 1915 quando al comando del battello era il suo concittadino ed amico Ernesto Giovannini

Nazario SauroNato il 20 settembre 1880 a Capodistria – allora sotto l’Impero Asburgico – da genitori di origine romana, trascorse i primi anni della sua vita (1881-1886) a Cette, in Francia, dove il padre era imprenditore di lavori navali. Tornato con la famiglia a Capodistria, frequentò le scuole fino ai quattordici anni, quando iniziò a navigare col padre lungo l’Adriatico. Nel 1904 si iscrisse alla Scuola Nautica di Trieste, presso la quale conseguì il diploma di Capitano di grande cabotaggio. Tra il 1905 ed il 1914 fu al servizio di varie società di navigazione, per le quali comandò piroscafi passeggeri e da carico. Prevedendo ed auspicando la fine della neutralità italiana, il 2 settembre 1914 lasciò Capodistria con il suo primogenito, Nino, per trasferirsi a Venezia dove, nell’aprile seguente, fu raggiunto dalla moglie e da altri 3 dei suoi 5 figli. Attivo interventista, appresa la notizia del terribile terremoto della Marsica (13 gennaio 1915), partì, insieme ad altri irredenti istriani e trentini riuniti nel battaglione Mestre, per prestare soccorso alle popolazioni colpite dal sisma. Arruolato nella Regia Marina italiana il 21 maggio 1915 con il grado di tenente di vascello, fu impiegato come pilota pratico della costa dalmata istriana e del golfo di Trieste fin dalle prime ore dell’ingresso in guerra dell’Italia; dopo aver partecipato al forzamento della base di Monfalcone a bordo del cacciatorpediniere Bersagliere il 24 maggio 1915, fu imbarcato su cacciatorpediniere e sommergibili in azioni offensive contro i porti e le basi militari nemiche.

In servizio sul Marco Polo (giugno 1915), sul sommergibile Jalea (agosto 1915) e sull’Emanuele Filiberto (fino all’8 gennaio 1916), violò il porto di Sistiana il 7 dicembre 1915. Destinato alla torpediniera 4 PN, la notte del 15 gennaio 1916 fu l’artefice del recupero del piroscafo Timavo, bloccato dagli austriaci sull’Isonzo. Il 26 maggio forzò il porto di Trieste con la torpediniera 24 OS comandata dal tenente di vascello Gravina Manfredi e il 4 giugno, con il sommergibile Atropo, compì un’incursione nel Quarnerolo, affondando il piroscafo austriaco Albanien, adibito a trasporto truppe, materiale bellico e viveri. Il 12 giugno 1916, a bordo del cacciatorpediniere Zeffiro, comandato dal capitano di corvetta Costanzo Ciano, Sauro fu protagonista della “Beffa di Parenzo”. Il 24 giugno forzò il porto di Pirano con la torpediniera 19 OS. Decorato di Medaglia d’Argento al Valore Militare e insignito dell’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia, il 4 luglio entrò nel porto di Fiume con il sommergibile Pullino, colpendo il mercantile austriaco San Marco. Il 30 luglio tornò sul medesimo battello per silurare nella stessa rada i piroscafi adibiti a trasporto truppe e rifornimenti. Il Pullino da lui pilotato, forse a causa della corrente, s’incagliò sullo scoglio dell’isola della Galiola nel Quarnaro; riusciti vani i tentativi di disincaglio e distrutti i documenti segreti, l’equipaggio si allontanò su una barca a vela requisita mentre Sauro tentò di raggiungere la costa a bordo di una piccola lancia a remi. Catturato da una nave austriaca, fu condotto a Pola, processato e giustiziato per alto tradimento il 10 agosto 1916. Decorato di Medaglia d’Oro al Valore Militare alla memoria, dal 1947 é sepolto nel Tempio Votivo del Lido di Venezia, dedicato a tutti i Caduti della Grande Guerra.

Nazario Sauro dopo la cattura avvenuta il 31 luglio 1916

Nazario Sauro arrestato dagli austriaci

Motivazione della Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria concessa a Nazario Sauro:

«Dichiarata la guerra all’Austria, venne subito ad arruolarsi volontario sotto la nostra bandiera per dare il contributo del suo entusiasmo, della sua audacia ed abilità alla conquista della terra sulla quale era nato e che anelava a ricongiungersi all’Italia. Incurante del rischio al quale si esponeva, prese parte a numerose, ardite e difficili missioni navali di guerra, alla cui riuscita contribuì efficacemente con la conoscenza pratica dei luoghi e dimostrando sempre coraggio, animo intrepido e disprezzo del pericolo. Fatto prigioniero, conscio della sorte che ormai l’attendeva, serbò, fino all’ultimo, contegno meravigliosamente sereno, e col grido forte e ripetuto più volte dinnanzi al carnefice di «Viva l’Italia!» esalò l’anima nobilissima, dando impareggiabile esempio del più puro amor di Patria.»

Alto Adriatico, 23 maggio 1915 – 10 agosto 1916

Sommergibile Nazario Sauro
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