Curiosità dalla rete: il Kraka Jet Boards

Recentemente, curiosando per il web, mi sono imbattuto in un oggetto che ha immediatamente attirato la mia attenzione. Questo oggetto è una piattaforma semovente, una sorta di tavola dotata di tubolari gonfiabili che ne potenziano la galleggiabilità. Questo natante non convenzionale è aviolanciabile ed è mosso da un piccolo motore elettrico di 11 Kw che può spingere il battello ad una velocità massima di 18 nodi. Nella sua versione più piccola (l’azienda li costruisce in tre diverse dimensioni con caratteristiche diverse) il battello è alto 40 centimetri sul pelo dell’acqua, è lungo 155 centimetri, ha una larghezza di 52 centimetri e può trasportare un carico pagante di 250 chili. Il natante si chiama “Kraka Jet Board” ed è costruito dalla svedese Soal Marine Group (soalmarine.se/kraka). Lo scopo principale del natante è quello di fornire una piattaforma semovente, silenziosa e a bassa visibilità, in grado di percorrere in autonomia discrete distanze, sul quale trasportare uomini ed equipaggiamento.

È certamente una mia deformazione, un “attaccamento storico” alla Decima, ma la vista delle foto di questo “Kraka Jet Board“, per una vaga affinità costruttiva e, soprattutto, di impiego, mi ha fatto immediatamente tornare alla mente il “battello R”, un natante progettato da Antonio Ramognino durante la Seconda guerra mondiale.

“Battello R” vs “Kraka Jet Board”

Ma quali similitudini ci possono essere tra il vecchio “battello R” della Seconda guerra mondiale ed il “Kraka Jet Board” dei giorni nostri? La risposta? Forse nulla, forse tutto. Pur essendo mezzi di concezione diversa, i due natanti sono stati sviluppati per trasportare uomini, armi ed equipaggiamenti in maniera più o meno occulta.

Volendo tentare di capire le potenzialità di un mezzo come il “Kraka Jet Board” in un contesto moderno, ritengo sia indispensabile ritornare agli eventi della Seconda guerra mondiale. Questi eventi, rappresentando il culmine delle tecnologie messe in atto da chi attacca verso le opere predisposte da chi si difende, potrebbero forse aiutarci ad individuare le filosofie di pensiero che sono all’origine del “vecchio” progetto e del “nuovo”. Contestualizzandoli quindi all’attuale stato dell’arte, potremmo forse, anche se solo parzialmente, individuare i possibili campi di impiego operativo di mezzi simili alla “tavola jet“.

Un filo che parte da lontano

Ho pensato quindi di ricostruire questo lontano filo che lega tutti i moderni natanti simili al “Kraka Jet Bord” (non so se ne esistono altri di concezione simile) con il “battello R” della Seconda guerra mondiale, cercando di mettere a confronto il contesto operativo per cui il battello di Ramognino era stato progettato e che avrebbe dovuto affrontare rispetto ai possibili campi di impiego di un natante come il “Kraka Jet Board“.

Consapevolezza

Metto subito le mani avanti, non me ne vogliate. Dichiaro di essere consapevole di non poter approfondire le complesse dinamiche che incidono su una operazione speciale con provenienza dal mare o sul mare. Per quanto mi riguarda, questa è solo l’occasione di mettere a confronto due epoche diverse, con contesti operativi diversi, per verificare se esistono realmente punti di contatto tra il presente ed il passato.

Devo inoltre doverosamente premettere che il “Kraka Jet Board” non l’ho mai visto dal vivo né ho avuto modo di vederlo all’opera.  Ho solamente visionato foto e filmati messi a disposizione dal costruttore, cosa che potere fare anche voi cliccando sul seguente link: soalmarine.se/kraka

Cominciamo quindi con la battaglia tra la Decima e gli inglesi a Gibilterra.

Considerando che in una guerra molteplici fattori incidono sulla riuscita o meno di un’arma innovativa, se questa viene abbandonata significa che o non funziona o che non è idonea all’impiego operativo per la quale è stata pensata.  Come sappiamo, il “battello R” non ebbe fortuna, non essendo mai stato utilizzato in operazione. Mi sono chiesto quali potessero essere i motivi del suo fallimento (il battello di Ramognino era comunque un ottimo progetto), e se questi motivi potrebbero ancora incidere sui possibili impieghi di un “mini-gommone” come il “Kraka Jet Board” in un moderno campo di battaglia, caratterizzato da difese che impiegano massicciamente avanzate tecnologie di ricerca e scoperta.

Il “battello R” di Antonio Ramognino

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I Battelli R di Antonio Ramognino
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Sacche gonfiabili e sgonfiabili per il controllo dell’assetto

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Portello stagno accesso locale bombole aria compressa

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Portello stagno accesso locale batterie

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Cruscotto stagno con bussola e comandi motore

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Comando timone

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Comando ausiliario timone

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Sella per trasporto carica esplosiva da 300 kg

Antonio Ramognino e il suo battello

Ramognino e i Battelli R
Battello Ramognino

Nell’Agosto del ’41 un tecnico della Piaggio si presentò al cospetto di Junio Valerio Borghese, comandante del Reparto Subacqueo della Decima Flottiglia MAS.

Ha da proporre un progetto, un’idea che lo perseguita fin dal 1940: uno speciale mezzo da impiegarsi nella Baia di Algeciras contro il naviglio nemico ormeggiato alla fonda in rada, partendo da un punto segreto posto a terra, in territorio spagnolo. (1)

Borghese ascolta il tecnico con attenzione. Nel ’41 a Gibilterra la situazione per la Decima si era fatta molto complicata. Dopo le 3 missioni condotte dallo Scirè nella rada, gli inglesi avevano intensificato le misure di sicurezza a difesa delle navi, per cui pianificare ancora delle missioni con i sommergibili per il rilascio degli SLC significava esporre gli equipaggi a rischi elevatissimi.

Gibilterra, importante base navale inglese

Oltretutto Gibilterra, insieme ad Alessandria, era uno dei principali porti in mano agli inglesi. Gibilterra in particolare, era sede della flotta del Mediterraneo occidentale, base di appoggio della squadra dell’Atlantico ed importantissimo nodo del traffico mercantile, oltre che porto di smistamento dei convogli che dall’America e dal Sud-Africa si dirigevano verso il Mediterraneo e l’Inghilterra (2). Pertanto il comando della Decima era alla disperata ricerca di una soluzione valida per continuare a tenere sotto pressione La Rocca, ed ogni nuova idea veniva analizzata senza pregiudizi.

Il tecnico in questione si chiamava Antonio Ramognino e l’idea che proponeva a Borghese sembrò accendere il suo interesse: «…Incontro per la prima volta il Comandante Borghese ed espongo per l’ennesima volta le caratteristiche del mezzo e del suo impiego nella Baia di Gibilterra, partendo da una base (una villa sul mare) situata nella Baia stessa di Algeciras, possibilmente alla foce del fiume Guadarranque. Borghese ne è entusiasta e mi raccomanda la massima segretezza.» (1)

Il mezzo di cui parla Ramognino è il “battello R”.

La base segreta

L’idea di costituire una base segreta fissa, in terra spagnola, a poche centinaia di metri dalle navi dei convogli e a poche miglia dall’imboccatura del porto stuzzicò molto la fantasia di Borghese. Trovata la via per realizzarla infatti, l’attacco avrebbe potuto essere alimentato in continuazione così da non dare requie al nemico senza rischiare la perdita dei sommergibili avvicinatori (2). Il 26 luglio del ’41 la Decima veniva duramente colpita a Malta. I Gamma dovevano ancora iniziare a muovere i primi passi (con le pinne). Probabilmente, per il Comandante Borghese, il “battello R” in quel momento storico costituiva l’unica arma disponibile per continuare la battaglia contro gli inglesi a Gibilterra.

Il progetto del battello presentato al Comandante Borghese, fu sviluppato su carta da Ramognino fin dal 1940. Si basava sull’idea che, trasportato dal suo battello, egli sarebbe stato in grado di navigare in lungo ed in largo nella rada di Gibilterra per attaccare le numerose navi mercantili ormeggiate. Lo speciale barchino ideato da Ramognino era un natante lungo circa 5 metri, largo una ventina di centimetri con un profilo di circa 50 centimetri; mosso da un piccolo motore elettrico, il mezzo era immergibile ma non subacqueo. Infatti gonfiando o sgonfiando d’aria delle sacche poste sui fianchi, il battello era in grado di navigare appena sotto il pelo dell’acqua. Con il giusto assetto le uniche parti esposte in superficie risultavano essere il quadro strumenti e una piccola porzione del corpo dell’operatore.  6 alloggiamenti posti sullo scafo consentivano il trasporto di altrettanti bauletti esplosivi, mentre una sella ricavata tra le gambe del pilota consentiva il trasporto di una carica di circa 300 kg.

Ramognino arruolato nella Decima

L’idea piacque molto a Borghese che si mosse immediatamente per arruolare Ramognino nella Decima, malgrado questi fosse stato dichiarato inabile all’arruolamento per motivi sanitari. Finalmente, nel settembre del ’41, la Marina ordinò alla Piaggio di Genova-Sestri la costruzione del primo esemplare di “battello R”, che fu consegnato poco dopo, a metà gennaio del ‘42. Dopo aver felicemente superato il collaudo preliminare del suo battello, Ramognino eseguì caparbiamente ed autonomamente dei test volti a valutare le reali capacità nautiche del natante e ad individuare eventuali miglioramenti da apportare al progetto iniziale. Nel frattempo  le pratiche per l’arruolamento erano state ultimate. Il 6 aprile 1942, Ramognino e la moglie Conchita vennero inviati in Spagna alla ricerca di una abitazione idonea per le attività segrete che avevano in mente: quell’abitazione passerà alla storia come “Villa Carmela”.

Il 14 giugno 1942, in attesa che il battello di Ramognino raggiungesse la piena operatività, i Gamma partirono da Villa Carmela e avviarono l’operazione GG1, operazione ripetuta il 14 settembre del ’42 (GG2). Successivamente, con le 4 operazioni della Squadriglia dell’Orsa Maggiore (BG4-5-6), gli SLC partiti dall’Olterra conclusero gli attacchi contro Gibilterra.

Il “battello R” non fu mai utilizzato in operazione.

Lo zatterino semovente, ancora un fallimento

Zatterino semovente in azione

Zatterino semovente in azione

Zatterino semovente in azione

Uno zatterino semovente che traina un gruppo di Gamma

Il profilo di impiego dei Gamma prevedeva che l’operatore fosse in grado di coprire grandi distanze a nuoto. Ciò rappresentava la grossa limitazione di questa specialità, soprattutto quando le sorti della guerra fecero venir meno i presupposti per un addestramento prolungato ed efficace.

Per tale ragione, nei primi mesi del ’44 a Sesto Calende, su richiesta della X MAS repubblicana, venne realizzato il prototipo dello “zatterino semovente“. In pratica, modificando opportunamente lo zatterino degli MTM, fu sistemata a poppavia una piccola elica bipala intubata al quale fu calettato un motorino elettrico da 0,25 cavalli alimentato da una batteria. Lo zatterino semovente non diede i risultati sperati e non superò mai la fase sperimentale per cui il progetto fu totalmente abbandonato. La principale causa del fallimento del progetto fu dovuto alla scarsa galleggiabilità del mezzo che non lo rendeva impiegabile in mare in presenza di sia un pur lieve moto ondoso. (3)

Una breve analisi sui possibili problemi del “battello R”

Tralasciando lo “zatterino semovente” che, come visto, non ha mai superato la fase di collaudo, c’è da chiedersi per quale motivo un’idea che all’inizio sembrava vincente è stata successivamente accantonata? Perché il “battello R” non fu mai utilizzato? Per esperienza personale penso che la risposta la si possa trovare riprendendo il pensiero del Comandante Borghese: «un nuotatore ben addestrato non fa baffi, non solleva spruzzi, né fa rumore. Un nuotatore perfettamente addestrato si muove con agilità ed ha buone possibilità di eludere l’intensa vigilanza delle imbarcazioni nemiche che proteggono le navi perché l’unica parte del corpo che emerge dall’acqua è la testa. Un nuotatore perfettamente addestrato può immergersi velocemente se la lama di un proiettore passa sulla sua testa o se una imbarcazione nemica si avvicina troppo alla sua posizione». (2)

Queste considerazioni sono ulteriormente avvalorate dalla testimonianza rilasciata dall’S.T.V. Straulino al rientro dell’operazione GG2. Nella relazione Straulino afferma che non aveva potuto portare a termine l’azione a causa della fortissima vigilanza esercitata dal nemico attorno al bersaglio. «Tre vedette sorvegliavano i piroscafi non allontanandosene mai più di 50 metri; anche un battello a remi perlustrava le acque sotto bordo, mentre proiettori venivano continuamente accesi». (2)

I motivi di un insuccesso

A mio parere il progetto “R” pagò i ritardi dovuti, in parte, alla solita burocrazia ed a una certa riluttanza della Regia Marina (Ramognino fino all’incontro con Borghese, malgrado i reiterati tentativi compiuti per essere ricevuto, fu praticamente ignorato dai vertici) ed in parte ad ulteriori ritardi dovuti ai piccoli aggiustamenti che si resero necessari dopo i primi test operativi effettuati con il primo esemplare consegnato dalla Piaggio. Sono convinto che la somma di questi ritardi decretarono la fine prematura del battello, in quanto il natante fu finalmente pronto quando ormai a Gibilterra il suo impiego sarebbe stato pressoché impossibile. Per almeno 4 motivi:

1 – Villa Carmela

Villa Carmela distava dalla battigia circa un chilometro. Riuscire a mettere in acqua il battello di Ramognino, lungo 5 metri e con un peso che si aggirava sui 250 kg (secondo Bagnasco (3) a tanto era salito il peso del battello dal progetto iniziale di 70 Kg), sarebbe stata un’impresa estremamente difficile, tanto più che il tratto di spiaggia che gli operatori avrebbero dovuto attraversare per entrare in acqua era fortemente pattugliato dai Carabineros spagnoli. È lo stesso Ramognino, nella sua relazione, che si mostra preoccupato per questa difficoltà: «…Il pensiero di dover trasportare i mezzi dalla Villa al mare (che ricordiamo distava circa un chilometro) mi preoccupava non poco, nonostante il limitato peso e l’uso di speciali carrelli di alaggio espressamente studiati». Egli è talmente preoccupato che «…Per considerazioni varie e per consiglio dell’Ing. Pistono si ritenne più adatto scegliere l’Olterra e stabilire una seconda base proprio dentro ad una stiva della vecchia petroliera, mettendo un tank in collegamento col mare mediante una apertura nel fianco e sotto il livello dell’acqua…» In quel momento il comando della Decima non pensava ancora di impiegare l’Olterra come base occulta per i “maiali” (sarà più tardi Visintini a proporre la nave come base di lancio per gli SLC (2)), avvalorando il fatto che il Reparto, in quel momento, nutriva ancora grandi aspettative sulla nuova arma.

2 – Le misure di sicurezza inglesi

Come abbiamo visto, i Gamma già durante la GG2 trovarono le misure di sicurezza inglesi pesantemente rafforzate, per cui aggirarsi per le acque di Algeciras, anche se a pelo d’acqua, avrebbe certamente comportato forti possibilità di scoperta da parte della difesa.

3 – La sorveglianza ravvicinata

Come riferito da Straulino, i mercantili erano sorvegliati da vicino da battelli a remi. Il “battello R” non era subacqueo per cui il nuotatore avrebbe dovuto abbandonare il battello per approcciare il bersaglio con nuoto subacqueo nel tratto finale dell’attacco. Il mezzo, alla deriva ed in balia delle correnti, con ogni probabilità sarebbe stato avvistato dalla difesa, mettendo così in allarme l’intera piazzaforte. A questa considerazione si potrebbe obiettare che il battello prima di essere abbandonato poteva essere affondato. In linea di massima  l’obiezione potrebbe anche essere giusta, ma si deve considerare che non risultano procedure per l’auto-affondamento “silenzioso” del natante.

4 – L’Olterra

Come visto l’impiego dell’Olterra quale cavallo di troia fu anch’essa un’idea di Ramognino. Nell’Olterra egli finalmente vedeva superate tutte le difficoltà di messa a mare del suo natante. Ma anche in questo caso ritengo che molto probabilmente i vertici della Decima, ed in particolare Visintini, preferirono utilizzare gli SLC, sia a causa delle considerazioni sopraccitate, sia perché più paganti in termini di capacità offensiva. Infatti gli SLC avrebbero potuto attaccare anche il naviglio militare ormeggiato all’interno del porto di Gibilterra, come fu poi effettivamente tentato dal Gruppo dell’Orsa Maggiore, cosa che, ovviamente, non era alla portata del “battello R”.

L’evoluzione della specie, il Kraka Jet Board

Famiglia dei Kraka Jet Board

Torniamo ai giorni nostri ed al “Kraka Jet Board”. Secondo quando riportato sulla brochure rilasciata dall’azienda costruttrice, il natante sembrerebbe essere stato sviluppato per aumentare le capacità di qualsiasi unità nel condurre operazioni di successo in laghi, fiumi, delta, paludi, arcipelaghi, aree idriche urbane, acque costiere e in mare. È disponibile in tre diverse dimensioni, ognuna con vantaggi speciali per diverse aree di utilizzo, fornendo all’utente finale una capacità marittima ineguagliabile e precedentemente irraggiungibile per le operazioni di salvataggio, recupero e inserimento tattico.

Dopo quanto analizzato con il caso del “battello R” viene logico chiedersi quanto il “Kraka Jet bard” possa eventualmente soddisfare i profili operativi di una moderna forza speciale quale quella degli Incursori di Marina.

Per facilità di ragionamento e di esposizione distinguerò gli ambiti di impiego tattico in tre scenari: permissivo, semi-permissivo e non permissivo.

  • Intendo per scenario permissivo quello del normale “tempo di pace”. Normalmente in questo contesto le difese dell’avversario si possono considerare blande o, in alcune particolari situazioni, del tutto assenti.
  • Intendo per scenario semi-permissivo una situazione ancora di pace, caratterizzata però da una serie di frizioni che, gradualmente, minano le relazioni tra i due contendenti. La difesa avversaria potrebbe aver innalzato lo stato di allerta, soprattutto per gli obbiettivi più sensibili.
  • Intendo per scenario non permissivo il tipico tempo di guerra dove tutte le difese avversarie sono al massimo stato di allerta. In questo contesto ritorna prepotente l’antica sfida tra la spada e lo scudo.

Qualche deduzione

Da questa semplice suddivisione possiamo dedurre che un natante come il Kraka, al pari di un normale battello pneumatico “d’assalto”, potrebbe essere proficuamente impiegato in uno scenario permissivo, dato che le possibilità di scoperta potrebbero essere ragionevolmente basse se non addirittura nulle.  In questo scenario, infatti, la difesa delle acque territoriali è incentrata più sul controllo dei traffici illeciti che sulla ricerca di elementi con intenti ostili. Come tipica operazione da scenario permissivo potrei citare, ad esempio, il recupero di personale o la raccolta di informazioni.

Se, come abbiamo visto, lo scenario permissivo consente una certa “facilità” d’azione, le valutazioni iniziano a cambiare passando allo scenario semi-permissivo. Come detto in questo scenario è molto probabile un innalzamento dei livelli di guardia da parte dei contendenti, soprattutto per gli obbiettivi più sensibili. Come tipiche operazioni da scenario semi-permissivo potrei citare, ad esempio, azioni di ritorsione o di infiltrazione di informatori. Potendo scegliere, abbandonerei senz’altro il battello pneumatico per affidarmi esclusivamente ad un sistema tipo il “Kraka Jet Board” che garantisce un maggiore ventaglio di opzioni. Ecco che allora una squadra di Incursori potrebbe sfruttare la principale caratteristica del natante: il trasporto di materiali ed equipaggiamenti necessari, ad esempio, per un’operazione contro un obiettivo costiero posto a qualche chilometro nell’entroterra, minimizzando il rischio di scoperta durante la fase di avvicinamento via mare.

Scenario non permissivo: la guerra

Tutto cambia nel caso di scenario non permissivo. In questo scenario valgono tute le considerazioni del tempo di guerra. Tornano prepotenti le considerazioni fatte circa il fallimento del progetto “battello R”. Come abbiamo visto per Gibilterra, una difesa ben organizzata, oggi ancor più irrobustita dal massiccio impiego dell’elettronica, non consente un avvicinamento occulto in superficie. Sotto questo punto di vista il Kraka (e tutti gli eventuali altri mezzi simili, compresi, a maggior ragione, i battelli pneumatici) risulta essere ancora più svantaggiato del “battello R”. La causa va ricercata nell’impossibilità di minimizzare la sua “impronta” visiva che lo rende più simile ad un normale battello pneumatico, con tutte le conseguenze che ne derivano.

Kraka Jet Board vs battello pneumatico

Rimanendo nel campo dei natanti di superficie, per quanto è dato sapere non vi è dubbio che l’unica alternativa al “Kraka Jet Board” è il classico battello pneumatico. Pensate sia possibile mettere a confronto le due tipologie di battelli per tentare una analisi tra i vantaggi e gli svantaggi dell’uno rispetto all’altro? Proviamoci:

Kraka Jet Board

  • Può essere rilasciato da qualsiasi tipologia di unità navale;
  • È aviolanciabile anche con la tecnica dell’apertura comandata. Un video del costruttore mostra la sequenza di lancio. Il Kraka smontato è inserito in un cilindro ed agganciato all’imbracatura del paracadutista. Nel filmato non viene mostrata la procedura e il tempo necessario per la messa in servizio per cui non sono possibili valutazioni in merito;
  • La batteria da 3.8 Kwh consente un’autonomia massima di 60’ ma ritengo che l’autonomia reale dipenda da diversi fattori quali stato del mare, carico e velocità.  Le batterie possono essere sostituite in navigazione;
  • La conformazione pressoché piatta del natante credo comprometta sensibilmente la capacità di affrontare mare formato, se non diminuendo drasticamente la velocità;
  • Giudico problematico il comfort per gli operatori che navigano in posizione supina sul battello, soprattutto in presenza di onde anche di piccola entità;
  • Minore altezza dalla superficie del mare = minore rischio di scoperta;
  • Silenzioso grazie al motore elettrico;
  • Può essere smontato e trasportato a terra, magari per un successivo reimpiego nell’entroterra (fiumi, laghi, ecc.). Inoltretubolari possono essere sgonfiati consentendo di occultare il battello sott’acqua (non viene indicato come e quanto velocemente).

Battello pneumatico

  • Può essere rilasciato da qualsiasi tipologia di unità navale, con qualche difficoltà in più in caso di rilascio con il sommergibile;
  • È aviolanciabile ma necessita di una procedura più complessa. Non può essere lanciato con la tecnica della caduta libera;
  • Elevata autonomia grazie ai motori fuoribordo a benzina, per cui può essere rilasciato anche da grandi distanze;
  • Possiede maggiori doti nautiche, per cui può affrontare meglio il mare formato (comunque entro certi limiti);
  • La posizione da seduto unite alle doti nautiche del battello conferiscono un maggior comfort agli operatori;
  • Sagoma maggiormente visibile = maggior rischio di scoperta;
  • Più rumoroso anche utilizzando motori fuoribordo silenziati;
  • Occultare un battello pneumatico è un’operazione lunga e complessa che può anche limitare la scelta dei punti di approdo. Non può essere smontato e trasportato per un successivo riutilizzo nell’entroterra.

Conclusioni

È giunto quindi il momento di tirare due conclusioni. Da quanto fin qui analizzato potremmo concludere che natanti tipo il “Kraka Jet Board” non possono operare in ambienti tattici non permissivi così come accadde durante la Seconda guerra mondiale al “battello R” ? Beh la risposta è: non è detto. Operazioni come la GA3 di Alessandria d’Egitto (non importa se in questo caso gli “attori” erano gli SLC) hanno dimostrato che malgrado le imponenti opere difensive messe in atto dagli inglesi, una squadra di Incursori perfettamente addestrata, fortemente motivata, con equipaggiamenti collaudati ed efficienti, aiutata da un pizzico di fortuna, può raggiungere risultati inimmaginabili e clamorosi. Questo per dire, senza paura di essere smentiti, che sulla riuscita o meno di una operazione di incursione incidono moltissimi fattori che non dipendono solamente dal tipo di “trasportatore” utilizzato per l’assolvimento della missione.

A chiusura di questo lungo post, il mio commento finale è il seguente: in senso lato è auspicabile che una moderna forza speciale di marina sia dotata di equipaggiamenti di varia natura e specie, opportunamente selezionati e testati in relazione ai profili d’impiego assegnati, così da utilizzare lo strumento più opportuno in funzione della missione e dello scenario che dovrà affrontare.

Infine voglio chiudere con una provocazione: se alla fine del 1940 il battello di Ramognino fosse stato operativo e consegnato alla Marina in quantità sufficienti, sarebbe stato possibile utilizzarlo in massa per attaccare Malta al posto dei barchini esplosivi e degli SLC? E quali possibilità di successo avrebbe avuto?

Fatemi sapere il vostro pensiero nei commenti.

Fonti

Le informazioni riguardanti il “battello R” e lo “zatterino semovente” sono tratte dalle seguenti fonti:

  • Relazione di Antonio Ramognino “Regia Marina Italiana X^ Flottiglia MAS – Come nacque e come funzionò la base segreta dei mezzi di assalto della Marina Italiana a Gibilterra – e qualche ricordo della guerra 1940-1945;
  • Decima Flottiglia MAS – dalle origini all’armistizio, di Junio Valerio Borghese, Garzanti Editore;
  • I mezzi d’assalto italiani 1940-1945, di Erminio Bagnasco, Edizioni STORIA militare.

Le due immagini del Kraka Jet Board sono tratte dal sito della Soal Marine Group soalmarine.se/kraka

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1 commento
  1. Gaetano
    Gaetano dice:

    Caro #669, innanzitutto complimenti.
    Ho letto attentamente e più volte il tuo interessante elaborato. Ho apprezzato lo stile, la ricerca, l’analisi e le considerazioni. Circa la tua “provocazione” finale e in qualità di addetto ai lavori sono d’accordo con te. Ritengo infine che il semovente R se fosse stato preso seriamente in considerazione SUBITO avrebbe potuto dare ottimi risultati e non solo contro “la Rocca”. Circa il Kraka credo sia arrivato in ritardo di quasi un secolo. #623

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