Lunga, lenta e profonda

Gocce di sudore imperlano la fronte. La concentrazione è massima. Mentre gli occhi sono fissi sulla linea di fede della bussola, il pensiero torna indietro nel tempo, alla prima lezione.

Lunga, lenta e profonda! Lunga, lenta e profonda! Lunga lenta e profonda!

La vedi ancora la figura di quell’istruttore, di fronte a te, in piedi, mentre te ne stai seduto su una panca di legno, con un boccaglio in bocca, cercando di imparare i segreti di una buona respirazione subacquea con l’autorespiratore ad ossigeno.

Nel tuo incedere verso l’obiettivo sono molti i parametri da tenere sotto controllo. Tutti indispensabili per il successo della missione e per il conseguimento dell’obiettivo che ti è stato assegnato. Tra questi ce ne sono alcuni che attengono alla tua stessa vita.

La notte, si sa, è buia. I punti di riferimento scarsi. Il tuo obiettivo lontano. Devi riuscire a stimare. Le distanze in gioco, la direzione e l’intensità della corrente, gli ostacoli che potresti incontrare, la rotta migliore per arrivare sotto al tuo bersaglio. Ci vogliono anni per affinare queste capacità, decine di ore passate in acqua, migliaia di metri percorsi a nuoto.

Mentre nuoti dosi la pinneggiata. Deve essere regolare. Non devi sprecare le tue forze. Devi pensare al tuo “coppio” che ti protegge le spalle e che è affaticato dal “rimorchio”.

Lunga, lenta e profonda!

L’assetto. È fondamentale. Se sei troppo pesante tenderai ad affondare e le tue migliori energie le dovrai sprecare per cercare di stare in quota. Se sei troppo leggero tenderai a risalire in superficie e tutte le tue migliori energie le dovrai sprecare per cercare di stare in quota. Sul tuo assetto ha forte influenza anche quanto ossigeno immetti nel sacco contropolmone. Se gonfi troppo il sacco ti porta a galla, se ne metti poco vai in debito di ossigeno e affondi.

Un buon assetto, invece, ti fa stare in quota senza grossi sforzi. Già, ma qual è la quota giusta da tenere mentre si nuota verso l’obiettivo? Anche questa valutazione rientra nelle decisioni che devi prendere. Se “viaggi” troppo vicino alla superficie la pinneggiata sarà meno faticosa. Ma uno scafo può aprirti la testa in qualsiasi momento. Se viaggi in profondità sei più al sicuro ma la pinneggiata è più faticosa e le tue prestazioni calano vertiginosamente.

Lunga, lenta e profonda!

Il rumore in acqua si propaga molto lontano. Lo senti, ma non sei in grado di stabilire con precisione da dove proviene e, soprattutto, di cosa si tratta. Devi prendere una decisione: risalire per andare a vedere o scendere in profondità per cercare di fuggire da qualsiasi pericolo. Puoi decidere di scendere ma se il rumore è quello di un peschereccio il pericolo è imminente: se finisci in una delle sue reti la tua morte è sicura. Puoi decidere di risalire ma se lo scafo ti passa sopra la testa la tua morte è sicura. Poi ci sono le barche a vela. Non fanno rumore e non le senti arrivare, navigano veloci, hanno derive lunghissime. In qualsiasi momento possono aprirti la testa come un melone senza che tu te ne accorga.

Lunga, lenta e profonda!

La pinneggiata continua con un ritmo regolare. Sei concentrato sulla bussola ma hai bisogno di sapere costantemente come se la passa il tuo “coppio”. Non lo vedi, ma lo percepisci al tuo fianco che suda e fatica insieme a te. Hai bisogno di conferme. Allunghi un braccio e attendi. Lui, preciso ed attento, stringe forte per un attimo la tua mano: tutto Ok. Possiamo proseguire.

Lunga, lenta e profonda!

L’ARO è una macchina semplice nella sua costruzione, complessa nella sua gestione. Se ometti qualche cura ti manda all’altro mondo. Gli americani, finita la guerra, hanno soprannominato il nostro ARO la “morte nera”. Da usare solo per attività di bassa intensità e per immersioni di breve durata. C’è da morire dal ridere. Infila la mano tra il sacco contropolmone e il tuo torace: se senti il calore prodotto dal lavoro della calce sodata è tutto ok, se non lo senti allarme rosso.

Lunga, lenta e profonda!

Freddo e fatica sono i fedeli compagni degli incursori di marina. Non ti puoi fermare un attimo. In mare non ci sono osterie, diceva il nostro saggio istruttore. La sapeva lunga lui. Sapeva che anche una piccola sosta, anche solo per riprendere fiato, ti può costare ore di fatiche e di sudore.

Le pinne stringono e provocano dolore. La cintura dei piombi incombe sui reni e provoca dolore. La tuta stagna, la chiamiamo Gamma noi, non è elastica e il braccio a novanta gradi che regge la bussola deve essere tenuto in posizione con decisione per decine e decine di minuti. E provoca dolore.

Se poi sei costretto a fare una picchiata verso il fondo stai pur sicuro che ti ritroverai dei bei succhiotti su tutto il corpo. Dolorosi.

E non dimenticare di compensare la pressione dell’acqua sui timpani. Se li rompi il dolore che ti trafigge è fortissimo.

Lunga lenta e profonda!

Saltuariamente hai bisogno di mettere fuori la testa. Per controllare la rotta, per stimare la distanza residua, per cercare eventuali pericoli. L’affioramento, così si chiama tecnicamente, è un esercizio delicato.

Se lo fai male puoi essere avvistato dal tuo obiettivo e per te è finita. Il mascherino che hai davanti agli occhi potrebbe riflettere un raggio di luce, il tuo obiettivo ti vede e per te è finita. Potresti dare un colpo di pinne sulla superficie. Faresti così tanto rumore che ti sentirebbero a decine di metri di distanza e per te sarebbe finita.

Un buon affioramento fa uscire dal pelo dell’acqua solo una piccola porzione del mascherino. E dura pochissimo. Altrimenti il tuo obiettivo ti vede e per te è finita.

Lunga, lenta e profonda!

Il rumore dei motori provenienti dall’obiettivo ti fanno capire che sei molto vicino. È il momento di mettere in campo un’altra serie di accorgimenti. Ostile ora non è più solo quello che galleggia in superficie. Lo è anche l’elemento che fino a questo momento ti ha protetto e che invece, improvvisamente, si è trasformato nel tuo peggior nemico. Si chiama fosforescenza (Nino che è acculturato dice che in realtà il fenomeno si chiama bioluminescenza). È causata dal plancton che si incazza perché lo vai a disturbare con le tue pinne. Ed incazzandosi illumina a giorno la tua scia. Così il tuo obiettivo ti vede e per te è finita.

Se il rumore prima ti ha aiutato nel farti arrivare sotto l’obiettivo, ora che sei a contatto con il ferro è talmente forte che fa tremare l’acqua del mare tutta intorno allo scafo. Le vibrazioni sono così potenti che devi serrare la bocca intorno al boccaglio per non perderlo. Ti aumentano i battiti del cuore e ti devi concentrare per tenere sotto controllo la respirazione mentre cerchi il punto esatto dove il tuo “coppio” possa abbandonare il suo “rimorchio”.

Lunga, lenta e profonda!

Sei a metà dell’opera. La soddisfazione per aver conseguito il tuo obiettivo non ti fa perdere la concentrazione.

Ora bisogna tornare indietro. Non ti rimane altro da fare che ripetere quello che hai fatto fin qui. Tutto!

Lunga, lenta e profonda!

Semplice, non è vero?

PS: in addestramento l’unico non-rischio riguarda la scoperta da parte dell’equipaggio di bordo. Ti hanno visto, hai fallito la missione, ma la tua vita è ancora salva. Per tutto il resto invece…

1 commento
  1. Gianpiero Savo
    Gianpiero Savo dice:

    Quanti ricordi…il mio coppio era Mario S….era un motoscafo…stargli dietro era na faticaccia….bella la storia e scritta benissimo….

    Rispondi

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