La punta della lancia
L’unione fa la forza
La lancia è un’arma composta da un’asta e da una punta affilata e appuntita, solitamente di metallo, chiamata cuspide, dal latino “cuspis, cuspidis”.
La lancia viene usata fin dalla notte dei tempi e la sua cuspide, agli inizi, era fatta di pietra. In seguito, con lo sviluppo della metallurgia, vennero usati altri metalli.
Il Comandante Luigi de Benedictis
Nel numero di giugno del mensile dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia (ANMI) Luigi de Benedictis, già Comandante del sommergibile Da Vinci, racconta quando, nel 1989, dovette affrontare con il suo equipaggio lo spauracchio dell’attraversamento in immersione dello Stretto di Gibilterra.
Nel preambolo del suo racconto il Comandante ricorda le difficoltà di quella manovra definendo lo Stretto “una sorta di imbuto, trafficatissimo in superficie (una media di 200 unità al giorno di tutte le dimensioni), turbolento sotto la superficie per le forti correnti e i gorghi e che non manca di bassi fondali“.
44 furono i sommergibili italiani, ricorda il Comandante, che affrontarono con successo, nella Seconda guerra mondiale, la difficile immersione per raggiungere la base di BETASOM, registrando “perdite di quota repentine anche di 100 metri, difficoltà di avanzamento, non volute collisioni sul fondo e forti anomali inclinazioni longitudinali” nell’attraversamento dello Stretto.
Il Da Vinci
Nel racconto il Comandante lascia intendere che nel 1989 il Da Vinci era impegnato in una complessa esercitazione navale che prevedeva il forzamento in immersione delle Colonne d’Ercole mentre dalla superficie navi avversarie gli davano la caccia. Evidentemente la riuscita della manovra non doveva essere del tutto scontata, se è vero che il mattino dell’avvenuto attraversamento l’equipaggio del battello ricevette un messaggio dal Capo di Stato Maggiore della Marina: “Momento in cui primo sommergibile ultima generazione immergesi acque Atlantico, teatro tante gloriose imprese, invio a Stato Maggiore ed equipaggio battello mio saluto augurale. Firmato Maioli“, questo a ulteriore testimonianza della grave difficoltà dell’azione.
In realtà il Da Vinci aveva forzato lo stretto sia in entrata sia in uscita senza essere individuato, con grande orgoglio del Comandante e del suo equipaggio.
Il Comandante de Benedictis conclude infine il suo bell’articolo con un pensiero rivolto al passato:
“spesso ripenso con ammirazione al Regio Sommergibile Scirè e al suo Comandante Junio Valerio Borghese, che all’epoca aveva il mio grado e la mia stessa età; egli, conoscendo ben poco delle correnti e dei vortici che avrebbe trovato (non solo nello stretto, ma peggio ancora nell’avvicinamento al porto di Gibilterra), in guerra, sotto la caccia di nemici implacabili, tre contenitori di maiali in coperta che riducevano la navigabilità del suo battello, a batterie quasi scariche, strisciando sul basso fondo roccioso, risucchiato indietro dalle correnti di marea, con una conoscenza solo approssimativa della sua posizione, riuscì a violare la baia di Algeciras e uscirne indenne. Non fu solo fortuna, perché lo fece per ben tre volte“.
Le scarne informazioni nautiche a disposizione dei Comandanti dei sommergibili italiani nella Seconda guerra mondiale
Dal rapporto del Comandante Borghese
Domande che chiedono risposte
“Come riuscì a farlo in quelle condizioni tecniche e ambientali“, si domanda de Benedictis.
Perché lo dovette fare, mi domando io. Non sarebbe stato tutto più semplice e sicuro far fuoriuscire gli Incursori all’ingresso della baia di Algeciras? Perché rischiare la scoperta, la perdita del battello e il fallimento della missione entrando così in profondità nella baia di Algeciras?
Ovviamente una risposta a tutte queste domande c’è e ce la fornisce direttamente il Comandante Junio Valerio Borghese, Comandante dello Scirè, che per quelle missioni verrà decorato con la Medaglia d’Oro al Valor Militare. Egli scrive:
“Il punto di fuoriuscita del personale doveva rispondere alle seguenti caratteristiche:
- essere il più vicino possibile al porto di Gibilterra e comunque non oltre alle 4 mgl. di distanza;
- essere su un fondale di 8-10 metri per permettere le manovre di fuoriuscita con Sommergibile appoggiato sul fondo e non fra due acque, manovra che presenta gravi difficoltà;
- essere il più lontano possibile da case, abitazioni e paesi della costa spagnola, per non destare allarmi;
- essere in una zona tale da non presentare eccessive difficoltà nautiche per l’avvicinamento del Sommergibile e la successiva navigazione dei semoventi, in rapporto alla presenza di piroscafi, mano e bettoline alla fonda, sempre numerose nella baia di Algesiras;
- essere il più possibile lontano dalle forti correnti dello stretto.
Il punto che risponde a tali requisiti e prescelto in perfetto accordo con gli operatori dei semoventi,
si trova alla foce del fiume Guadarranque a 300 mt dalla costa all’estremo N.W. della Baia di Algesiras. Gli svantaggi della lunga navigazione del Sommergibile in vicinanza del porto di Gibilterra (a distanza inferiore alle due miglia) erano compensati dai vantaggi sopra descritti.
La navigazione nella rada di Gibilterra doveva effettuarsi di giorno, per arrivare sicuramente nel punto previsto per la fuoriuscita all’ora stabilita, 23h, immediatamente susseguente alla fine del crepuscolo“.
Leggere le poche righe di questo rapporto, che fa apparire l’operazione quasi come fosse una passeggiata, mi mette i brividi. Con quale coraggio, coscienza delle proprie capacità, ardimento e sprezzo del pericolo questi uomini hanno pianificato e condotto un attacco nel cuore profondo delle difese nemiche.
L’abnegazione degli equipaggi dei sommergibili
Con quale abnegazione l’equipaggio dello Scirè si è prestato a questa impresa. Pensiamoci un attimo. Per gli Incursori la scelta è del tutto normale, avendo essi sposato una vita di rischi e di avventure. Loro stanno navigando in un mare conosciuto, un mare estremo a cui si sono coscientemente votati, un mare per cui sono disposti a mettere in gioco la loro stessa vita pur di portare a termine la missione assegnata.
Per l’equipaggio del battello il punto di vista cambia completamente. Un sommergibile nasce per gli agguati, per sgusciare via silenziosamente e per lanciare siluri, per combattere a colpi di cannone: l’equipaggio è mentalmente e fisicamente preparato a questo, consci che comunque le possibilità di sopravvivere ad un attacco diretto sono scarse ma anche che hanno la possibilità in qualche modo di giocarsela. Ma strisciare sul fondo, sballottati da forti correnti, inconsapevoli dei pericoli che si profilano per infilarsi in un “cul de sac” dove in caso di scoperta non c’è sicuramente alcuna via di scampo è tutta un’altra cosa. Essi non hanno scelto e non possono scegliere. Possono solo fidarsi del loro comandante e fare il lavoro al massimo delle capacità.
Tutto ciò mi porta ad alcune considerazioni finali
Gli Assaltatori della Decima sono senza dubbio le Star di questa storia. È giusto così e non può essere altrimenti! Essi hanno, senza ombra di dubbio, ampiamente meritato tutti gli onori che sono stati loro tributati.
Così come oggi lo sono i loro eredi, gli uomini del GOI, Essi sono stati la punta di una lancia, affilatissima, estremamente appuntita e fatta di un acciaio speciale, durissimo.
Ma quali successi avrebbero potuto cogliere se non avessero avuto dietro le spalle, uomini come gli equipaggi dei sommergibili avvicinatori o come i meccanici, motoristi, elettricisti, nocchieri, cuochi semplici marinai che hanno lavorato silenziosamente e stoicamente per supportare la riuscita delle loro imprese leggendarie.
Non è retorica
Di per sé la punta della lancia speciale, ancorché di acciaio affilatissimo, non riuscirebbe a danneggiare efficacemente un bersaglio a pochi metri di distanza neanche se lanciata con violenza.
Questa punta di lancia speciale, da sola, è inutile!
Essa per diventare una temibile e potente arma ha bisogno di essere completata dall’asta: è l’unione dell’asta con la punta di lancia speciale che si sublima in un’arma speciale, ovvero in una “lancia speciale“.
Una lancia speciale in grado di colpire con precisione e violenza il bersaglio a centinaia di metri di distanza.
L’asta che completa la punta della lancia è la metafora di tutto il personale che, a vario titolo, ha lavorato e continua a lavorare in supporto agli Incursori. Senza il loro contributo gli Incursori non sarebbero in grado di ottenere alcun risultato utile.
Senza il loro lavoro gli Incursori non avrebbero potuto essere rilasciati a meno di 2 miglia da una delle più potenti e meglio difesa base navale della Marina britannica.
Con questo post quindi, a nome degli Incursori di tutti i tempi, intendo tributare un ringraziamento e onorare tutti coloro che, in ogni epoca e con qualsiasi incarico, hanno permesso agli Incursori di essere la punta di una lancia speciale, la “Lancia Speciale” della Marina Militare italiana!
L’equipaggio del Sommergibile Scirè con il suo Comandante Junio Valerio Borghese
Motivazione della MOVM concessa al Sommergibile Scirè
«Sommergibile operante in Mediterraneo, già reduce da fortunate missioni d’agguato, designato ad operare con reparti d’assalto della Marina nel cuore delle acque nemiche, partecipava a ripetuti forzamenti delle più munite basi mediterranee. Nel corso dei reiterati tentativi di raggiungere lo scopo prefisso, incontrava le più aspre difficoltà create dalla violenta reazione nemica e dalle condizioni del mare e delle correnti. Dopo aver superato col più assoluto sprezzo del pericolo, gli ostacoli posti dall’uomo e dalla natura, riusciva ad assolvere in maniera completa il compito affidatogli, emergendo a brevissima distanza dall’ingresso delle munitissime basi navali nemiche prescelte ed a lasciare così le armi speciali che causavano a Gibilterra l’affondamento di tre grossi piroscafi e ad Alessandria gravi danni alle due navi da battaglia Queen Elizabeth e Valiant, il cui totale affondamento veniva evitato solo a causa dei bassi fondali delle acque in cui le due unità erano ormeggiate.
Successivamente, nel corso di altra missione particolarmente ardita, veniva spietatamente aggredito e scompariva nelle acque nemiche, chiudendo così gloriosamente il suo fulgido passato di guerra»
Mediterraneo, 28 Aprile 1943
La Spezia, 2 aprile 1942. Durante una cerimonia riservata, quasi segreta, l’ammiraglio Aimone di Savoia duca d’Aosta decora di MOVM l’equipaggio del sommergibile Scirè.
Junio Valerio Borghese
Nacque a Roma il 6 giugno 1906. Allievo all’Accademia Navale di Livorno dal 1923, nel luglio 1928 conseguì la nomina a Guardiamarina ed imbarcò sull’incrociatore Trento. Promosso Sottotenente di Vascello nel 1929, prese imbarco sul cacciatorpediniere Fabrizi e nel 1933, nel grado di Tenente di Vascello, imbarcò sui sommergibili Tricheco ed Iride; con quest’ultimo partecipò a missioni operative durante il conflitto italo-etiopico e nella guerra di Spagna.
Allo scoppio del secondo conflitto mondiale ebbe il comando del sommergibile Vettor Pisani e nell’agosto 1940, promosso Capitano di Corvetta, ebbe il comando del sommergibile Sciré con il quale trasportò mezzi ed operatori nelle missioni di Gibilterra e di Alessandria. Costituitasi il 15 maggio 1940 la X Flottiglia MAS per Mezzi d’Assalto, assunse il comando del Reparto Operatori Subacquei e con la promozione a Capitano di Fregata, anche quello della Flottiglia. Al comando dello Sciré trasportò ad Alessandria gli operatori subacquei che nella notte fra il 18 ed il 19 dicembre 1941 violarono la munitissima base navale inglese di Alessandria ed affondarono le due corazzate inglesi Valiant e Queen Elizabeth.
Dopo l’8 settembre 1943 aderì alla Repubblica Sociale Italiana e comandò, fino al termine del conflitto, la ricostituita X Flottiglia MAS. Posto in congedo mori a Cadice (Spagna) il 26-8-1974.
Decorazioni e riconoscimenti per merito di guerra:
- Medaglia d’Oro al Valore Militare (Mediterraneo Occidentale, 21 ottobre – 3 novembre 1940)
- Medaglia di Bronzo al Valore Militare (Mediterraneo occidentale, febbraio 1938);
- Cavaliere dell’Ordine Militare d’Italia (Mediterraneo orientale, dicembre 1941);
- Promozione al grado di Capitano di Fregata (1941).
Motivazione della MOVM concessa al Comandante Borghese
“Comandante di sommergibile, aveva già dimostrato in precedenti circostanze di possedere delle doti di ardimento e di slancio.
Incaricato di riportare nelle immediate vicinanze di una munitissima base navale nemica alcuni volontari, destinati a tentarne il forzamento con mezzi micidiali, incontrava nel corso dei reiterati tentativi di raggiungere lo scopo prefisso, le più aspre difficoltà create dalla violenta reazione nemica e dalle condizioni del mare e delle correnti. Dopo aver superato con il più assoluto sprezzo del pericolo e con vero sangue freddo gli ostacoli opposti dall’uomo e dalla natura, riusciva ad assolvere in maniera completa il compito affidatogli, emergendo a brevissima distanza dall’ingresso della base nemica ed effettuando con calma e con serenità le operazioni di fuoriuscita del personale. Durante la navigazione di ritorno, sventava la rinnovata caccia del nemico e, nonostante le difficilissime condizioni di assetto in cui era venuto a trovarsi il sommergibile, padroneggiava la situazione, per porre in salvo l’unità e il suo equipaggio.
Mirabile esempio di cosciente coraggio, spinto agli estremi limiti di perfetto dominio d’ogni avverso evento.
Mediterraneo Occidentale, 21 ottobre – 3 novembre 1940″
Negli anni ’80, da giovane Incursore, sono stato imbarcato sul sommergibile Leonardo Da Vinci per alcune attività addestrative.
È stata l’occasione per rivivere, fortunatamente in tempo di pace, le difficoltà, le emozioni e le tensioni di coloro che, in ben altri contesti, le vissero molti anni prima: i nostri avi della Decima Flottiglia MAS e degli equipaggi dei sommergibili avvicinatori.
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