Il Team Torre

Luca Poggiali – UNA LEGGENDA TRA LE ONDE

Negli anni ’70, l’Italia era alle prese con violenti fenomeni terroristici. Quello interno, da parte di formazioni di estrema sinistra, dava crescenti problemi e, in più, quello internazionale (in particolare quello di natura araba) portava a termine azioni sempre più pericolose.

Le forze di polizia all’epoca non disponevano di unità specifiche in grado di fronteggiare attacchi terroristici, come dirottamenti, sequestri e via proseguendo. Del resto perfino la Germania era apparsa impreparata davanti ad azioni terroristiche come l’attacco al villaggio olimpico di Monaco nel 1972.

Nel 1977, per iniziativa dell’allora Ministro dell’Interno Francesco Cossiga, fu deciso di approntare unità adatte a questo scopo. Fra le forze disponibili all’epoca, il Gruppo Operativo Incursori era quello che aveva la miglior preparazione all’impiego delle armi e, comunque, ad azioni brevi ma molto intense, il tutto con tempi di reazione estremamente contenuti anche per allarmi improvvisi, per cui venne deciso di allestire – con la massima urgenza, dei team antiterroristici, con il contributo anche di fondi del Ministero dell’Interno, dato che si trattava di una necessità che esulava i compiti tradizionali.

Furono acquisite nuove armi (come le pistole mitragliatici HK MP5) e appositi equipaggiamenti. Per migliorare la preparazione specifica, ci si rivolse all’esperienza dello Special Air Service britannico, già da anni utilizzato in questo difficile compito. Si trattava di acquisire nuove tecniche operative, sicuramente meno impegnative dal punto di vista fisico (rispetto all’attacco in mare) ma sempre impegnative.

Fu migliorata la capacità d’irruzione in locali, su velivoli di linea (eventualmente in mano a dirottatori) e ovviamente non venne trascurato l’antiterrorismo navale, sfruttando la vocazione navale del reparto.

Il reparto del G.O.I. addetto all’antiterrorismo, prese il nome di TEAM TORRE, ispirandosi al nome dell’analogo reparto del S.A.S., denominato PAGODA TEAM, da cui passarono, per l’addestramento, quasi tutti i nuovi reparti antiterroristici occidentali. Ovviamente, data la ridotta consistenza numerica del Gruppo Operativo, non si poteva pensare a personale esclusivamente dedicato a questo compito ma si trattava di operatori già qualificati che si specializzavano a questo compito.

Essenziale era la loro rapidissima disponibilità e la loro mobilità. In un’epoca in cui non vi erano ancora i telefoni cellulari, la rapida reperibilità del personale era fondamentale, la qual cosa costringeva il personale pronto all’azione a rimanere a disposizione in sede.

Il trasporto era assicurato dagli elicotteri SH-3D della Marina Militare di base a Luni, i quali, in caso di necessità sarebbero venuti a prelevare il personale al Varignano, sfruttando l’eliporto interno. Per migliorare la precisione al tiro ravvicinato, venne acquisito anche un poligono elettronico trasportabile, in modo da poterlo installare in vari ambienti, per meglio simulare i vari casi d’intervento.

Furono iniziate esercitazione per l’addestramento alle cosiddette “irruzioni di saturazione” (velocissima entrata da più punti) su velivoli di linea (un compito sempre molto delicato). Il reparto iniziò anche a partecipare alla formazione dei nuovi reparti antiterroristici, come il Gruppo d’Intervento Speciale (G.I.S.) dei Carabinieri e il Nucleo Operativo Centrale di Sicurezza (N.O.C.S.) della Polizia di Stato. Ma in virtù dell’alta preparazione professionale, per il GOI sono transitati e transitano anche specialisti di altri corpi, come i tiratori scelti della Guardia di Finanza, solo per fare un nome.

Tratto dal volume UNA LEGGENDA TRA LE ONDE: GRUPPO OPERATIVO INCURSORI
di Luca POGGIALI
Editoriale Lupo