Gennaio 1973: rotta sull’Everest

Un quadrimotore Douglas DC6 “America”, con a bordo 63 italiani, decolla dall’aeroporto di Cameri (Novara) con destinazione Kathmandù (Nepal). Scopo della missione è quello di portare il tricolore sulla montagna più alta del mondo: l’Everest – «per concorrere sul piano internazionale ad un’affermazione di prestigio per la Patria».

Dei 63 membri della spedizione, 52 sono militari – rappresentanti qualificati delle Forze Armate e Corpi Armati dell Stato (Carabinieri, Guardia di Finanza e Guardia Forestale) – 11 sono civili, tra scienziati e sanitari. Obiettivo dei militari è quello di raggiungere la vetta della montagna più alta del mondo. Quello degli scienziati, diretti dal Professor Paolo Cerretelli (docente di Fisiologia all’Università di Milano), è di installare e rendere funzionale un complesso e delicato laboratorio scientifico nel quale effettuare ricerche approfondite sul comportamento del corpo umano sottoposto a stress crescenti ed a quote elevate.

Capo della spedizione è l’esploratore, alpinista e mecenate conte Guido Monzino. L’organizzazione, il supporto logistico, le attrezzature, i vari mezzi di trasporto e le comunicazioni, sono a cura ed a carico del Ministero della Difesa.

ITALIAN EVEREST EXPEDITION (IEE)

è il nome ufficiale della spedizione.

Tra gli scopi secondari della spedizione sull’Everest, vi era quello di verificare e testare l’efficacia dell’addestramento e degli equipaggiamenti in dotazione alle Forze Armate in condizioni ambientali estreme. Ai militari, che mettevano volontariamente a rischio la propria vita per portare a termine una difficilissima impresa, veniva offerta l’irripetibile esperienza della conquista della vetta. O, quantomeno, di far parte della squadra e di contribuire al successo dell’impresa. Per tutti, l’impegno di rappresentare un’Idea, una Nazione, la Patria.

Tra i rappresentanti delle Forze Armate destinati ad assaltare l’Everest, spiccano i nominativi di tre Arditi Incursori della Marina Militare: Giuseppe Verbi del 7° Corso, Marchisio Mao dell’8° Corso e Gianni Santoro del 18° Corso.

Marinai e montagne

Viene naturale domandarsi cosa ci facciano tre “marinai” nella spedizione che vuole portare gli italiani per la prima volta sul tetto del mondo. La risposta, logica, è che gli incursori – ieri come oggi – sono certamente dei marinai ma “marinai particolari”. Uomini altamente specializzati che si distinguono per grinta, spirito di abnegazione e di sacrificio, desiderio di portare a termine le missioni affidate ad ogni costo ma, soprattutto, per la volontà di essere partecipi agli eventi. Perfetti dunque per rappresentare quell’Idea di Nazione e di Patria che la missione richiedeva.

Non che i marinai fossero nuovi a impegni che li portassero in luoghi ben lontani dai mari e dalle loro navi. Va infatti ricordato e posto in giusto rilievo la figura di Aimone di Savoia, duca di Aosta, ufficiale della Marina Militare e Comandante di GENERALMAS (Ispettorato Generale dei MAS da cui dipendeva la Decima Flottiglia MAS nella Seconda Guerra Mondiale). Egli, nel 1929, aveva tentato a sua volta la scalata del K2 insieme ad Ardito Desio. Così come non si può dimenticare che gli operatori del GOI dei giorni nostri si ritrovano ad affrontare missioni in Paesi non proprio rivieraschi.

Le ricerche del Professor Cerretelli contribuiranno a dare il primo impulso allo studio moderno in questo campo. All’epoca della spedizione anche i nostri tre incursori diedero un prezioso aiuto a queste ricerche in quanto, unici in tutta la spedizione a poter vantare uno specifico addestramento all’impiego di ossigeno puro sotto sforzo, le loro prestazioni furono attentamente e ripetutamente “studiate” dal Professore durante tutta la prima fase dell’assalto alla vetta. Nel 19920 Ardito Desio, a nome del Comitato Ev-K2-CNR, inaugurava l’innovativo “OSSERVATORIO PIRAMIDE” in NEPAL nella valle del KHUNBU, situato ai piedi dell’Everest a 5.050 m s.l.m.. L’osservatorio, realizzato in collaborazione con la Nepal Academy of Science and Technology e il Consiglio Nazionale delle Ricerche, ha la forma di una piramide di vetro e acciaio e, con la sua rete di sensori estesi fino agli 8.000 m del Colle Sud, è riconosciuto in tutto il mondo come il laboratorio internazionale della ricerca scientifica in quota.

Il Laboratorio-Osservatorio Piramide

Il Laboratorio-Osservatorio Internazionale Piramide dell'Associazione Ev-K2-CNR