Data la scarsa autonomia del Siluro a Lenta Corsa, il sommergibile avvicinatore si era dimostrato un formidabile “strumento” per l’avvicinamento occulto ed il rilascio degli incursori in prossimità delle difese ravvicinate dei porti inglesi.

Ma le misure di sicurezza messe in atto nelle acque prospicienti La Rocca e lungo le rotte di approccio allo Stretto si erano fatte via via più imponenti e difficilmente penetrabili, per cui l’impiego del sommergibile per attaccare Gibilterra era diventato, di fatto, pressoché impossibile. Infatti L’ultima missione contro Gibilterra con l’impiego di un sommergibile avvicinatore fu la BG4, condotta con lo Scirè il 20 settembre 1941.

Malgrado ciò Gibilterra rimaneva uno degli obiettivi principali per gli incursori italiani. Punto vitale di appoggio per le squadre navali operanti in Atlantico e nel Mediterraneo occidentale, Gibilterra era altresì un autentico crocevia per i convogli in sosta e in formazione da e per l’Inghilterra e Malta. Gibilterra continuava ad offrire frutti succulenti che stimolavano le bramosie degli incursori della Decima.

Come abbiamo visto nella pagina dedicata, fu Antonio Ramognino ad offrire al Comandante Borghese la soluzione per continuare ad attaccare le navi inglesi: la base operativa avanzata passata alla storia come Villa Carmela. Fu da Villa Carmela infatti che i Gamma, nella notte sul 14 luglio 1942 attaccarono la rada di Gibilterra gremita di mercantili inglesi ed alleati (operazione G.G.1). Quella notte le esplosioni rintronarono più volte nelle orecchie degli inglesi a difesa della roccaforte. Mentre le vedette, le navi di vigilanza e gli aerei britannici scatenavano la caccia ad un presunto sommergibile assalitore, i rimorchiatori si affollavano attorno ai piroscafi scampati all’attacco per portarli nell’interno del porto militare.

Ma Antonio Ramognino non era soddisfatto. Egli era ancora alla ricerca di una soluzione che gli consentisse di impiegare il suo “battello R” per il quale aveva speso molte energie.

E fu grazie a questa ricerca spasmodica che finalmente notò che nel porto di Algeciras erano internati due piroscafi italiani: l’Olterra di proprietà dell’Armatore Zanchi di Genova e il Lavoro di proprietà dell’Armatore Lauro.

Dopo aver discusso della sua idea con l’Ingegner Pistono, ufficialmente rappresentante della Piaggio in terra iberica nonché Cancelliere del Consolato di Algeciras, in realtà un agente segreto, probabilmente del Servizio Informazioni e Sicurezza (SIS) della Marina italiana in Andalusia, si presentò al Comandante Borghese con un’idea rivoluzionaria: sequestrare la vecchia petroliera Olterra – la Lavoro era troppo grande e quindi troppo difficile da gestire – e sottoporla a dei lavori per realizzare una apertura a fianco dello scafo e sotto il livello del mare in modo da consentire la fuoriuscita ed il rientro del suo barchino.

L‘idea iniziale venne immediatamente accettata e sviluppata, con un piccola variante: anziché impiegare il “battello R” di Ramognino avrebbero sfruttato l’Olterra sia come base di passaggio per gli operatori “Gamma” sia come base operativa avanzata degli SLC.

La nave italiana si trovava semisommersa nelle acque di Algeciras. Sorpresa il 10 giugno del 1940 dalla dichiarazione di guerra dell’Italia nella radi di Gibilterra, la pirocisterna Olterra di 4.995 tel, era stata portata dal comandante Amoretti sui bassi fondali e lì erano stati aperti i kingston per impedire che gli inglesi se ne potessero impadronire. Borghese iniziò immediatamente le trattative con l’armatore, senza ovviamente rilevare quali erano i reali scopi del suo  interessamento.

Dopo l’accordo con il proprietario, l’Olterra fu riportata a galla da una ditta spagnola di recuperi marittimi con la giustificazione che l’armatore «aveva intenzione di rimettere la sua nave in efficienza per cederla ad una società spagnola che gli aveva sottoposto favorevoli offerte».

Cassoni pressoresistenti del sommergibile Gondar

I cilindri per il trasporto degli SLC del Gondar

Il sommergibile Ambra

Antonio Ramognino e sua moglie Concita