Il 5 Dicembre 1942 il Ministero della Marina con il fg. 11053 indirizzato alla Xa Flottiglia MAS, iniziava la pratica per il suo passaggio dall’Esercito alla Marina col grado di Guardiamarina.
… Ero l’unico non di Marina, quando arrivai alla Scuola Sommozzatori a Livorno, racconta Ferraro, – poi ne vennero altri, in ogni modo io fui il primo.
La scuola era divisa in una sezione lavori diretta dal tenente di vascello Decio Catalano e in un “Gruppo Gamma” comandato dal Tenente di Vascello Eugenio Wolk.
Era questi un vecchio sportivo che già conoscevo di nome. Introdusse le pinne che furono alla base delle nostre missioni. Senza le pinne, penso che noi nuotatori di assalto non saremmo esistiti. Le
esercitazioni erano lunghe e faticose, ma tutti rimasero di stucco a vedermele eseguire con estrema facilità fin dal principio, come se fossi stato lì da un anno e più. Il fatto è che ero già un autodidatta, nel campo. Ben presto divenni il più quotato sommozzatore del corso.
Le nuotate erano autentiche maratone: non meno di cinque chilometri, trasportando gli ordigni esplosivi il cui peso minimo era di dodici chilogrammi.
Le esercitazioni si tenevano di notte. Gli occorreva un aiutante, un “secondo uomo”, poiché fino ad allora i nuotatori d’assalto avevano lavorato in coppia. Ferraro pensò che la compagnia di una persona sconosciuta a Tripoli poteva dare sospetto.
Nell’eventualità che le forze italiane abbandonassero Tripoli si era studiata la possibilità di lasciare sul posto alcuni operatori “Gamma”, con l’incarico di agire contro navi nemiche non appena fosse stato riutilizzato. Tale progetto fu troncato all’ultimo minuto, perché quando Ferraro giunse in Libia, Tripoli era già stata occupata
allora chiese che quell’aiutante fosse una donna: sua moglie Orietta Ferraro, da ragazza Romano. Si sposarono a Tripoli. Professoressa di educazione fisica uscita dall’Accademia di Orvieto, insegnava alle scuole medie. Triestina, era molto esperta nel nuoto. Orietta Ferraro divenne l’unica donna che abbia avuto il brevetto del “Gruppo Gamma” della guerra, con licenza di affondare navi nemiche.
Passarono alcuni mesi. Il comandante Junio Valerio Borghese era succeduto al capitano di fregata Ernesto Forza, nella guida della Xa Flottiglia “Mas”, ossia dei mezzi d’assalto, il primo di maggio del 1943.
Fu lui che chiamò Ferraro a La Spezia e gli disse di tenersi pronto per una missione speciale: “Prenditi le carte che ci vogliono e studia bene il porto di Lisbona“. Nessun’altra spiegazione. Appuntamento a qualche giorno dopo. Ferraro tornò a Livorno e consultò nei minimi particolari le carte del porto portoghese, ma quando ritornò da Borghese e disse di essere pronto, rimase di sasso. Il comandante, infatti, gli comunicò che era stato mutato l’ordine: “La missione che tu svolgerai riguarda non più Lisbona, bensì Alessandretta“.
Grafico allegato da Luigi FERRARO al rapporto dell’operazione STELLA. Il grafico, che si riferisce ad Alessandretta, mostra chiaramente le possibili vie di attacco individuate da Ferraro per minimizzare i rischi di scoperta e portare a termine la missione che gli era stata assegnata. Le difficoltà da superare erano molteplici. La maggiore certamente consisteva nel trasportare le cariche esplosive e le attrezzature subacquee dal consolato italiano (rappresentato dal quadratino verde sulla pianta) alla battigia, vista la vicinanza del consolato inglese (rappresentato dal quadratino rosso. Quadratino marrone e blu rispettivamente posizione del consolato americano e tedesco). Infine per gli attacchi alla FERNPLANT e alla ORION, dopo aver realizzato diversi espedienti per eludere i controlli, Ferraro scelse la via di attacco nr. 1.
Le 4 azioni di Luigi Ferraro in Turchia
Le 4 immagini relative agli attacchi di Luigi Ferraro sono tratte dal libro “LUIGI FERRARO – un italiano“, di Gaetano ‘Ninì’ Cafiero, Ireco Editore
Per saperne di più
LUIGI FERRARO – un italiano – Gaetano ‘Nino’ Cafiero
Un cronaca fedelissima, basata su ricordi personali, documenti autentici, verifiche storiche, “romanzata” soltanto per scelta stilistica. Senza avere la pretesa di essere un trattato, è anche un libro di storia: perché gli eventi di cui Luigi Ferraro è stato testimone e partecipò, e le vicende che ha vissuto, quelle belliche che gli hanno fatto guadagnare la Medaglia d’Oro al Valore Militare e quelle “civili” che lo hanno visto, che lo vedono, ai massimi livelli mondiali nella ricerca sottomarina, hanno influenzato fortemente la cultura, non solo italiana.
Anche per evitare incidenti diplomatici con la Turchia, Ferraro riparte per l’Italia il 15 Agosto 1943 per “motivi di salute”; nel frattempo da fonti sicure si apprendeva che il piroscafo Kaytuna, partito da Mersina era stato costretto a rifugiarsi nel porto di Cipro in seguito ad un squarcio prodotto da una esplosione sul lato di dritta di poppa. L’ispezione in carena da parte di un palombaro portava alla scoperta di una delle due cariche inesplose. In conseguenza di ciò le autorità britanniche di Mersina, porto di partenza del Kaytuna, provvidero ad una accurata ispezione della Sicilian Prince, con il conseguente ritrovamento degli altri due bauletti a suo tempo applicati da Ferraro.
Dopo l’armistizio, gli anglo-americani cercarono Ferraro. Lo trovarono in un campo di prigionieri. Gli chiesero di operare al loro servizio contro i giapponesi, la guerra in Estremo Oriente doveva ancora esaurirsi. L’italiano ringraziò per la considerazione che gli ex nemici avevano di lui, ma rispose: “…mi dispiace, non sarebbe la stessa cosa. Ciò che feci per l’Italia da volontario non potrei farlo per nessun’altra nazione”.
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